22 Luglio 2017, 12:54
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PALERMO – “I fenomeni di cattiva qualità dell’aria attraverso lo studio dei venti e della posizione di stabilimenti e centraline sono risultati attribuibili a fonti certe”. Fonti certe. È anche attraverso questa conclusione, maturata in due anni di indagini supportate da consulenti tecnici di livello nazionale, audizioni, dati e documentazioni Arpa ed ex Provincia, che la Procura di Siracusa è giunta ieri nell’inedita impresa di farsi avallare dal Gip il sequestro degli stabilimenti Esso e Isab, nel petrolchimico più grande e intoccabile d’Europa.
Quindici giorni di tempo alle due aziende per aderire alle prescrizioni elencate ieri, pena i sigilli agli impianti. E presto nuovi sviluppi giudiziari. Ci sono infatti otto indagati, tra i vertici dei due colossi aziendali, coinvolti a vario titolo nell’inchiesta per i reati di inquinamento ambientale e impedimento di controllo. E chissà, forse altri sviluppi in divenire visto che, tra gli accertamenti eseguiti dalla Procura c’è anche un’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) rilasciata all’Isab “che si connota per la particolare genericità, lacunosità delle prescrizioni e per la presenza di scelte atipiche e talvolta anomale”.
Quali per esempio? Il rilascio di un’unica autorizzazione per due stabilimenti, in contrasto con la normativa nazionale ed europea, con conseguenti effetti, secondo la Procura, compensativi e dunque elusivi delle emissioni. Diverse le certezze cui la Procura ritiene di essere giunta. Riguardano sia il mancato rispetto da parte delle due aziende delle prescrizioni contenute nei decreti Aia, sia eventuali lacune dei decreti stessi rilasciati dal ministero. Non ci sarebbe stato rispetto delle prescrizioni Aia in ordine alle portate riguardo a una unità di misura tecnica, che è il valore di bolla, e neanche in ordine alle portate per taluni singoli camini. Secondo l’accusa, eluso anche l’obbligo di adeguamento degli impianti per ridurre le emissioni nelle vasche, nei pontili durante le fasi di carico e scarico delle petroliere; per monitorare le emissioni convogliate e non convogliate (come le torce in casi di emergenza).
La Procura contesta alle aziende anche la mancata comunicazione al ministero dell’Ambiente, di numerosi episodi di superamento dei limiti della portata oraria delle emissioni. Le stesse autorizzazioni presenterebbero “scostamenti” rispetto a quanto previsto nell’elenco detto “Mtd”, ossia Migliore tecnologia disponibile, vincolante anche in Italia al tempo della loro adozione. Per giungere alle tante contestazioni, tutte molto tecniche, nei confronti di Esso e Isab, da una parte è stata decisiva la consulenza tecnica collegiale di esperti quali Mauro Sanna, chimico già Arpa Lazio, e Nazareno Santilli dell’Ispra. Ma si è rivelato fondamentale anche il supporto degli enti di controllo pubblici, che la Procura in questi due anni ha spesso contattato.
Il rapporto Arpa sulla qualità dell’aria nel 2015, che l’Agenzia regionale aveva anche inviato a ministero e Ispra per chiedere interventi legislativi, è stato acquisito dalla Procura come elemento di sussistenza del fumus dei reati in contestazione. Tutti i dati acquisiti in ordine al monitoraggio dell’aria, registrati dalle centraline pubbliche della ex Provincia regionale, è servito a supportare il castello di accuse. Tecnicamente “ha consentito di accertare la sussistenza di una misurabile alterazione della matrice naturale aria”.
Questi dati evidenziano superamenti puntuali di molteplici sostanze di indubbia origine industriale (benzene, etilene, toluene) e superamenti significativi e ripetuti di idrogeno solforato (H2S) e composti di idrocarburi non metanici (NMHC), nonché superamenti ripetuti con picchi elevati di mercaptani (sostanze odorigene con bassa soglia olfattiva). Insomma, tutti i nemici dell’aria del Siracusano che i cittadini hanno imparato a conoscere attraverso gli articoli di stampa, soprattutto dopo gli episodi eclatanti di “molestie” olfattive che allarmarono i comuni di Priolo e Melilli tra il 2012 e il 2015. La popolazione fu costretta a decidere tra il tapparsi in casa o scappare verso Sortino. Allora tavoli prefettizi convocati d’urgenza giunsero alla certificazione tecnica della fuoruscita di inquinanti, ma incredibilmente non si arrivò all’individuazione dei punti di emissione. Né a alcuna ammissione. I venti, si disse. Oggi tutte quelle relazioni fanno parte del materiale cui la Procura attinge per mettere Isab e Esso di fronte a responsabilità penali e che hanno indotto il gip Michele Consiglio a firmare il sequestro preventivo degli impianti.
I risultati di questi tavoli tecnici indetti dall’ex prefetto Armando Gradone, fanno parte della relazione della Procura. Vi sono annotate: la situazione di cattiva qualità dell’aria della zona industriale, con ripetuti episodi di cattivi odori registrati con allarme dalla popolazione civile; le possibili fonti emissive di H2S, con dettagli specifici circa l’impianto Esso; e le migliorie apportabili sia dal punto di vista impiantistico che gestionale. Insomma, secondo la Procura c’era una via per individuare anche le fonti, e dunque i responsabili, delle emissioni moleste.
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22 Luglio 2017, 12:54