21 Marzo 2014, 18:54
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PALERMO – Negano tutto. Fabio Pispicia e Sergio Giacalone si difendono davanti al giudice per le indagini preliminari Riccardo Ricciardi. Che intanto ha convalidato il fermo dei due uomini sorpresi martedì nella zona di piazza Lolli.
Sulla base della ricostruzione dei poliziotti, i due erano appena scesi da una macchina, una Fiat Uno verde, dove gli agenti hanno trovato due pistole, passamontagna e guanti. E la vicenda si è tinta di giallo. Erano pronti per mettere a segno una rapina oppre c’è dell’altro? Gli inquirenti stanno scavando per trovare possibili collegamenti con l’omicidio di Giuseppe Di Giacomo, freddato dai killer alla Zisa. Un omicidio di mafia.
Al momento a Pispicia e Giacalone, difesi dagli avvocati Filippo Gallina e Claudio Congedo, viene contestata la detenzione illegale di armi. Si tratta delle calibro 7,65 e 38 trovate in macchina. Una era nascosta dentro un sacchetto di plastica. Armi che i due indagati negano di avere posseduto. Pispicia, ex Pip espulso dalla Regione dall’elenco dei lavoratori il giorno stesso del suo arresto, si dice pronto a sottoporsi alla prova del Dna per dimostrare che non ci sono sue tracce sulle armi. E neppure nell’autovettura.
Quando i poliziotti, avvertiti da una telefonata al 113, sono arrivati sul posto e gli hanno intimato l’alt, Pispicia si è fermato. E si è lasciato ammanettare. Il suo è un cognome pesante. È, infatti, fratello di Salvatore Pispicia, in carcere con l’accusa di essere un mafioso di peso a Porta Nuova, cognato di Tommaso Lo Presti, uno degli scarcerati eccellenti degli ultimi tempi. Per Fabio, invece, solo piccoli precedenti per droga e ricettazione. Che gli sono, però, costati il posto da ex Pip. Ed era pronto a fare ricorso. La sua versione è che martedì sera, intorno alle 20, si trovava in piazza Lolli per raggiungere, assieme a Giacalone, un locale. Nulla sa della macchina e delle armi.
Anche Giacalone nega. Resta da chiarire perché avrebbe deciso di darsi alla fuga, prima di essere fermato dai poliziotti dopo un inseguimento a piedi. Giacalone è incensurato, di professione fa il meccanico in un’officina poco distante dal luogo dove è stato fermato.
Le indagini proseguono serrate. L’inchiesta sulle armi è in mano al pubblico ministero Maria Teresa Maligno. Al procuratore aggiunto Leonardo Agueci e ai sostituti Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco della Direzione distrettuale antimafia il compito di chiarire il giallo. Trovare la conferma o la smentita che i due fossero pronti ad entrare in azione per commettere un omicidio.
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21 Marzo 2014, 18:54