Il pizzino trovato in carcere | Assolto il capomafia di Belmonte

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01 Luglio 2015, 11:01

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PALERMO – Il reato non è configurabile. La Corte d’appello ribalta la sentenza di primo grado e assolve Benedetto Tumminia, considerato il capomafia di Belmonte Mezzagno.

Il Tribunale lo aveva condannato a quattro anni di carcere e a due di libertà vigilata. Secondo l’accusa, che non ha retto al vaglio dei giudici, Tumminia avrebbe cercato di condizionare un testimone “consigliandogli” di ritrattare alcune dichiarazioni. Da qui l’ipotesi di induzione alla falsa testimonianza. La vicenda nasce dal sequestro in carcere di un “pizzino” che Tumminia, detenuto per associazione mafiosa, avrebbe inviato a Salvatore Barrale, arrestato e indagato per mafia, poi scagionato, con il quale l’imputato avrebbe cercato di convincerlo a smentire un pentito. Il collaboratore aveva infatti raccontato di aver saputo proprio da Barrale che a quest’ultimo era stato imposto di non aprire un’agenzia di pompe funebri per non disturbare gli affari del nipote di Tumminia.

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In realtà, così ha sostenuto il difensore, l’avvocato Rocco Chinnici, nel pizzino sequestrato in sala colloqui non si faceva alcun riferimento all’attività commerciale. Inoltre, Tumminia faceva riferimento al fatto che “Bitola (considerato il soprannome di Barrale ndr)” doveva essere chiamato per essere interrogato dal giudice. Il legale ha dimostrato che Barrale mai è stato interrogato o convocato. Secondo l’avvocato Chnnici, dunque , il reato non era configurabile. Da qui l’assoluzione decisa dalla Corte d’appello.

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01 Luglio 2015, 11:01

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