Pizzo ai negozi e al bar in centro |”Mille euro a Natale e a Pasqua”

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05 Dicembre 2018, 05:30

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PALERMO – Ventotto taglieggiamenti nove dei quali denunciati dai commercianti finiti nel mirino. L’operazione dei carabinieri che ha decapitato la nuova Cupola, ha fatto venire a galla decine di estorsioni, tra tentate e consumate: l’ennesima prova che Cosa nostra ha continuato a rimpinguare le proprie casse con i soldi del pizzo. D’altronde, come il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi ha sottolineato, “c’è un ritorno alle regole vecchie, ci sono ancora quelle regole, sono ancora attuali e Cosa nostra non rinuncia alla sua struttura unitaria e verticistica”.

Il costante monitoraggio dei boss e degli affiliati del mandamento di Porta Nuova ha permesso di accertare l’imposizione del pizzo sia a piccoli esercizi commerciali che a medie e piccole imprese: “Un meccanismo – si legge nell’ordinanza dei 46 fermi – che costituisce per l’organizzazione mafiosa non solo una delle principali fonti d arricchimento e sostentamento, ma anche una forma di capillare controllo del territorio. Il pagamento del prezzo dell’estorsione da parte dell’imprenditore taglieggiato finisce con l’accrescere l’autorità ed il prestigio di chi lo impone”.

Le estorsioni, nonostante la necessità dei boss di ribadire la propria presenza sul territorio, sarebbero però avvenute in modo “meno eclatante” rispetto al passato. I recenti arresti e le conseguenti condanne definitive di chi si occupava delle estorsioni nei vari mandamenti della città, hanno provocato, infatti, un cambio di rotta. “L’esattore – si legge – evita oggi di palesare la propria appartenenza alla criminalità organizzata, anche se ciò non fa certamente venire meno i requisiti dell’estorsione aggravata”.

Ad essere presi di mira, bar, negozi, imprese edili della zona centrale del capoluogo. I movimenti degli esattori del racket sono stati monitorati a lungo, con attività di osservazione e pedinamenti, videoriprese, intercettazioni telefoniche e ambientali: tra loro ci sono Giovanni Salerno, ritenuto braccio destro del capo mandamento Gregorio Di Giovanni e indicato dal collaboratore di giustizia Salvatore Bonomolo, come colui che raccoglieva il pizzo; il pluripregiudicato Luigi Marino e Gaspare Rizzuto, che avrebbe spesso agito insieme a Francesco Pitarresi, già detenuto per altri reati. 

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Tra gli episodi estorsivi ricostruiti dai carabinieri, quelli ai titolari di due negozi nel centro storico. Le telecamere hanno immortalato Salerno e Di Giovanni in azione, pochi giorni prima del Natale, uno dei periodi clou per la raccolta dei soldi del pizzo. Si trovavano davanti al negozio di bibite al dettaglio e all’ingrosso riconducibile proprio a Di Giovanni, che era però preoccupato: “Non è che ci stanno gli sbirri?”. “No, io domani mi faccio questo“, aveva risposto Salerno parlando dei commercianti finiti nella rete del racket, che avrebbero presto dovuto consegnare i soldi, duemila euro per la precisione.

Ma Salerno avrebbe bussato alla porta anche di due bar in centro, come il pentito Bonomolo ha confermato ai pm: “Il mio referente era Salerno, mi occupavo di riscuotere i soldi, dal 2004 al 2006 in quella zona. Avevo una lista, c’erano questi due bar, pagavano mille euro a Natale e mille a Pasqua. Il primo pagava 1000 euro a… prima pagava 500 euro al mese, i primi, mi pare, 5/6 mesi; poi mi disse se me la chiudeva a Pasqua ed a Natale e gliel’ho chiusa così, perché aveva dei problemi, doveva fare un magazzino accanto; e mi ricordo che gli avevo detto: “Il tempo che fai i lavori e poi ti rimetti di nuovo al mese”, capito?“.

I titolari delle due attività furono convocati dai carabinieri, uno dei due, dopo aver negato di aver ricevuto richieste di pizzo, decise di raccontare tutto e di ammettere di aver pagato:Quando questo soggetto si presentò, io intuì subito che si trattava di una richiesta estorsiva, quindi, al fine di non avere nessun tipo di problema, gli consegnavo dopo alcuni giorni la somma di mille euro. Nel periodo di Pasqua dell’anno successivo, lo stesso soggetto si presentava nuovamente presso il mio bar e mi chiedeva di elargire, sempre a favore delle famiglie dei detenuti, un’ulteriore somma di denaro. Io in quest’ultima occasione non aderivo alla richiesta. Nel successivo mese di ottobre/novembre, la stessa persone si è presentata nuovamente al bar dicendomi, a chiare lettere e con tono minaccioso, che avrei dovuto elargire abitualmente una somma di denaro pari a mille euro a favore dei carcerati, nei periodi di Natale e Pasqua. Da allora, ho versato puntualmente la somma di denaro”.  A quel punto, al commerciante furono mostrate varie fotografie, tra le quali riconobbe quella dell’uomo a cui consegnava il denaro, Giovanni Salerno e quella dello stesso Bonomolo, che si era occupato della riscossione negli anni precedenti. 

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05 Dicembre 2018, 05:30

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