02 Marzo 2013, 06:15
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PALERMO – È intervenuto, ma solo per aiutare una persona in difficoltà. Alfredo Perricone non ci sta a passare per l’amico traditore che diventa aguzzino.
È l’unico dei quattro arrestati per la tentata estorsione allo chef Natale Giunta ad avere risposto alle domande del giudice per le indagini preliminari Giangaspare Camerini nel corso dell’interrogatorio di garanzia. Perricone, dal Gip si e’ presentato con l’avvocato Tommaso De Lisi, non ha negato di essersi attivato per sapere chi fosse andato a chiedere il pizzo al ristoratore. Non esclude di avere potuto commettere degli errori, ma certamente non aveva l’intenzione di fare pressioni su Giunta per convincerlo a pagare la tassa dei boss: duemila euro a Natale e altrettanti a Pasqua.
E ha aggiunto che la vittima era al corrente del suo tentativo di attingere notizie. Notizie che non avrebbe appreso dal gioielliere del Borgo Vecchio, Raffaele Favaloro. Una persona che, dice, non ha mai incontrato. Eppure Natale Giunta ha riferito che a tirare in ballo il gioielliere, con precedenti penali per rapina, era stato proprio Perricone. Una sera a cane glielo aveva indicato come la fonte da cui aveva appreso che lo stesso Giunta, dopo la sua denuncia, era finito nel mirino di alcuni personaggi di Borgo Vecchio.
Una tesi, quella di Perricone, che non ha convinto i pubblici ministeri – l’inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco – e che cozzerebbe con le trascrizioni delle conversazioni captate dai carabinieri del Reparto operativo e del Nucleo investigativo. Perricone nell’incontro con Giunta negli uffici di via Enrico Albanese avrebbe fatto riferimento al pagamento come l’unico modo per ottenere “la pace assoluta”. Non si sarebbe trattato, però, a suo dire, di pressioni per convincere Giunta a sborsare il denaro, ma di un tentativo di tranquillizzare l’amico.
Perricone avrebbe pure confermato di avere interpellato Giuseppe Battaglia. C’era anche lui all’incontro considerato il momento chiave dell’inchiesta. Sperava che quest’ultimo, in qualità di imprenditore, riuscisse a suggerirgli cosa fare. Neppure lui, però, sarebbe riuscito ad aiutarlo.
Figlio di bancari, residente in via del Granatiere, Perricone ha ribadito che lui della mafia non sa nulla. Si considera davvero un amico da Giunta al quale si era avvicinato per carpire qualche segreto del mondo della ristorazione visto che stava aprendo un ristorante di fronte alla stazione Notarbartolo.
Giuseppe Battaglia, Antonino Ciresi e Maurizio Lucchese hanno optato per una strategia difendiva diversa. Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
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02 Marzo 2013, 06:15