“Pizzo a due imprenditori”| Pene “scontate” in appello

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05 Novembre 2014, 15:23

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PALERMO – Le condanne per tentata estorsione arrivano anche in appello, ma le pene sono molto più basse del processo di primo grado.

La Corte d’appello ha inflitto 5 anni ad Antonio Di Maggio (in primo grado aveva avuto 8 anni e 4 mesi), 3 anni e 10 mesi ciascuno a Pietro Daraia e Pietro Salamone (venivano da una condanna a sette anni), 3 anni e sei mesi a Tommaso Genovese (in primo grado era stato condannato a 6 anni e quattro mesi).

L’indagine nel 2012 svelò che i quattro imputati sarebbero andati a chiedere il pizzo a i titolari di un ingrosso di prodotti per la casa e di cibi surgelati. Che, però, non si piegarono al loro volere e li denunciarono.

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Una crepa nella morsa del racket nel quartiere della Marinella, a Partanna Mondello. Uno dei due imprenditori disse di avere ricevuto una richiesta di 300 euro al mese. Una sorta di “assicurazione per la tranquillità”. L’altro, invece, raccontò la strana visita degli imputati. Sotto le feste di Natale, in soldoni, gli dissero che se nulla di grave era accaduto alla sua attività era per merito loro. E per questo si erano meritati un bel regalo. Anche in questo caso la risposta fu picche.

E scattò il blitz della Squadra mobile. Ora il processo è passato al vaglio dei giudici di appello, che hanno condannato gli imputati ma a pene più miti rispetto al processo di primo grado.

 

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05 Novembre 2014, 15:23

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