27 Maggio 2017, 05:36
1 min di lettura
PALERMO – Il processo è ripartito dopo il rinvio della Cassazione. Il pubblico ministero riteneva che l’imputato meritasse una pena più pesante per il reato di tentata estorsione, aggravata dall’avere agito con metodo mafioso. Nel nuovo giudizio la condanna inflitta a Umberto Mustacchia è stata elevata da due a quattro anni di carcere.
È stato il pm Sergio Demontis a presentare ricorso ai supremi giudici sostenendo che, a differenza di quanto deciso la prima volta, a Mustacchia non andavano riconosciute le attenuanti generiche come prevalenti rispetto all’aggravante della violenza e alla recidiva (la sua fedina penale è macchiata da otto condanne definitive per reati contro il patrimonio). L’imputato era stato “premiato” perché aveva ammesso le proprie responsabilità dinanzi al giudice. Peccato però, come ha sottolineato il pm nel ricorso, che non avesse offerto il benché minimo contributo per identificare i suoi complici.
Non era da solo quando Mustacchia arrivò in bicicletta in via Gorizia dove un imprenditore stava ristrutturando la facciata di un palazzo. Sull’importo dei lavori – 60 mila euro – Mustacchia pretendeva una messa a posto di mille e 500 euro. Solo che la vittima, parte civile al processo, non ebbe esitazione alcuna a rivolgersi ai carabinieri. Risultato: Mustacchia è stato prima arrestato e poi condannato.
Le frasi che avrebbe rivolto al costruttore erano piuttosto chiare e tipiche del modo di agire degli uomini del racket mafioso. Presentandosi come emissario della cosca di Porta Nuova diceva che “qua dobbiamo mangiare perché abbiamo i carcerati e dobbiamo mantenere le famiglie… i cristiani devono campare là dentro”. Dopo la denuncia, alle successive visite in cantiere, c’erano i militari a fotografare la scena.
Pubblicato il
27 Maggio 2017, 05:36