03 Dicembre 2014, 16:17
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PALERMO – Neppure l’imprenditore un tempo mafioso poteva sfuggire alla regola del pizzo. Alfonso Bommarito è stato condannato a tre anni per la tentata estorsione ai danni di Giuseppe Amato e del figlio Giovanni. L’imputato avrebbe avanzato la richiesta estorsiva per conto del clan Vitale di Partinico.
Bommarito era finito in carcere nell’ambito dell’operazione dei carabinieri “The end” che colpì il mandamento mafioso in provincia di Palermo. Nella sua fedina penale c’è già una condanna per mafia a cui si aggiunge quella che gli è stata inflitta oggi.
A puntare il dito contro Bommarito sono stati i due imprenditori, che si sono costituiti parte civile con l’assistenza dei legali del comitato Addiopizzo, gli avvocati Salvatore Forello e Valerio D’Antoni. Giuseppe Amato, dopo avere scontato due condanne per mafia, diede vita ad una nuova impresa edile assieme al figlio. Bommarito a quel punto gli avrebbe chiesto di mettersi a posto “con quelli di sopra”, intendendo i mafiosi di Partinico.
L’imprenditore, che aveva deciso di cambiare vita, si rifiutò di pagare la protezione della mafia. E scattarono le ritorsioni: l’incendio di due macchine e del portone di ingresso dell’abitazione degli imprenditori. A quel punto gli Amato decisero di passare dalla parte dello Stato e denunciarono il presunto autore delle ritorsioni.
Oggi l’epilogo del processo con la condanna chiesta dal pubblico ministero Dario Scaletta e il risarcimento dei danni che il Tribunale ha riconosciuto alle parti civili.
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03 Dicembre 2014, 16:17