Catania

“Pogliese non doveva candidarsi, Lombardo migliore testa politica”

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23 Luglio 2022, 05:00

7 min di lettura

Una delle foto più impressionanti scattata durante la calda estate catanese è quella con le mura della chiesa di Santa Chiara, quartier generale della sezione etnea della Comunità di Sant’Egidio, sommerse dai rifiuti. Una sorta di cartolina maleodorante dal centro storico.

Emiliano Abramo, lei che è uno dei volti più noti di Sant’Egidio in Sicilia, ci aggiorni: ci sono ancora i cumuli di rifiuti fuori dalla chiesa?

“A intermittenza. Nel senso che in alcuni momenti il pattume ha raggiunto anche il secondo piano dell’edificio. In due casi, invece, abbiamo rischiato l’incendio nella chiesa dove è stato battezzato il Verga. Lui è nato proprio in zona e sempre lì è stato ambientato il libro Storia di una Capinera”.

Appunto, immondizia in un luogo culturalmente rilevante. Che immagine di Catania è?

“Lo dico con rispetto, ma questa è una città che parla troppo di rifiuti e Calcio Catania e poco di cultura, imprenditoria, turismo, ambiente e Creato”.

Il Creato?

“Da fruitore del mare, è difficile trovare a Catania un luogo totalmente pulito dove far fare il bagno ai bambini. Ma non se ne parla”.

Cos’è che ha sterilizzato il dibatto?

“Il punto è che non sappiamo più guardare in alto, per questo la città si sta svuotando e invecchiando rapidamente. L’esodo dei giovani, per il dodicesimo anno consecutivo, è superiore ai nuovi ingressi. Qualcosa non va, evidentemente”.

In un certo qual senso, essendo anche membro del cda dell’Ateneo, lei è a pieno titolo un esponente della classe dirigente catanese. Una classe dirigente sempre più in crisi, non trova?

“Dal mio punto di vista c’è la crisi di chi dovrebbe sentirsi classe dirigente, di quelle persone cioè che vivono la città con la convinzione di avere competenze e titoli per poter parlare”.

Può spiegarsi meglio?

“La classe dirigente non è fatta dalla somma di persone che ricoprono un ruolo apicale da qualche parte. Ma dalle persone che dimostrano di avere le competenze per entrare nel dibattito cittadino. E in questa città il dibattito è morto”.

Chi l’ha ucciso?

“Vede, noi abbiamo appena vissuto un momento dove contemporaneamente sono venuti meno i pilastri su cui si doveva reggere Catania. Penso alla crisi che si è abbattuta, non troppo tempo fa, sull’Università. Una crisi venuta a seguito di un’inchiesta che ha messo in luce dinamiche inusuali che vanno assolutamente condannate eticamente”.

L’università sta guarendo?

“Il nuovo rettore ha imposto un passo nuovo: stanno arrivando sviluppi importanti”.

Torniamo a Catania.

“Sì. Abbiamo avuto un sindaco sospeso. Persino la magistratura è ammaccata. Nell’inchiesta Università bandita abbiamo letto anche il nome di un ex procuratore. Penso pure alla Chiesa cattolica, altro pilastro fondamentale, che ha visto le fasi conclusive del lavoro di Gristina. Penso poi alla crisi di Confindustria con il caso Montante e il collasso della Camera di commercio. Contemporaneamente sono venuti giù troppi pilastri, senza che nessuno s’interrogasse o suscitasse un qualche dibattito, contrapponendo idee ad altre idee”.

Come interpretare il dibattito carsico sulle dimissioni di Salvo Pogliese?

“Non mi appassiona, non è un dibattito serio. Pogliese però ha sicuramente sbagliato, perché ha mostrato comportamenti ambigui sulle dimissioni: chi ha responsabilità tanto importanti non si può permettere di farlo. Questa postura ha creato disorientamento nel consiglio comunale e nella squadra di giunta”.

Un giudizio su Roberto Bonaccorsi?

“Seppur serio e bravo nel gestire una fase delicata, non è un eletto. Pensi che non è nemmeno un consigliere comunale. Questo è uno degli elementi che palesa ancor di più la crisi della rappresentanza politica”.

Crede che l’eventuale presenza di un commissario, ora, gioverebbe alla città?

“Lo dissi in campagna elettorale e lo ripeto nel pieno rispetto personale di Salvo Pogliese: non doveva candidarsi. Ha esposto la città a un rischio importantissimo, che poi si è realizzato con la sospensione. Laddove Pogliese dovesse dimettersi, l’arrivo del commissario porterebbe a conclusione una parentesi che doveva essere evitata”.

Cinque anni fa, lei sfidò Pogliese: come giudica oggi l’azione amministrativa del sindaco?

“Devo dire che, dopo le elezioni, c’è stato un dibattito proficuo tra di noi, in particolare sulla gestione dei senzatetto di Corso Sicilia. Gli devo riconoscere una capacità di dialogo anche con chi gli è stato antagonista: non è cosa da poco”.

Davanti a questo vuoto della classe dirigente, monsignor Luigi Renna ha però pronunciato parole importanti a favore dei lavoratori, dei più poveri e dei minori.

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“Chi viene da fuori – lui è pugliese – ci aiuta a capire meglio chi siamo. Renna si sta spendendo molto nell’ascolto di questa città, con uno sforzo morale non indifferente. Mi ha colpito parecchio la modalità attraverso cui sta parlando alla coscienza degli interlocutori. Sono convinto che la Chiesa di Catania, guidata da un giovane vescovo, possa essere quel punto fermo da cui ripartire”.

Catania sta scivolando però verso una violenza diffusa che non si registrava da tempo, è preoccupato?

“Ultimamente ho visto delle scene bruttissime fuori da Santa Chiara. Contro stranieri, ragazze contro altre ragazze. Anche la mia auto è stata danneggiata…”

Cosa fare?

“Giorgio La Pira, il grande sindaco siciliano di Firenze, credeva che fosse necessario arredare le periferie come fossero il centro città. A Catania sta avvenendo che tutto sta diventando periferia, invece. Credo che sia proprio questo il momento di andare nelle periferie e ristabilire un’armonia e una presenza della Stato”.

Il rischio povertà è incombente, anche a seguito alle vicende connesse alla guerra in Ucraina. Cosa dobbiamo aspettarci?

“Non si può vivere questa attesa con lo spirito del si-salvi-chi-può. Siamo tutti sulla stessa barca, come ci ricordava papa Francesco parlando a una piazza San Pietro vuota durante la prima fase della pandemia. Dobbiamo ritrovare il senso del noi, altrimenti nasceranno gravi contrapposizioni. Il vero problema è il cibo. Temo sopratutto per i più anziani, i più a rischio”.

Il suo nome è tornato nelle cronache come possibile candidato sindaco: è disponibile alla ricandidatura?

“Sono interessato al futuro delle nostro Paese, quindi seguirò il voto amministrativo e politico. Ho già fatto una battaglia di testimonianza valoriale. Allora ho preferito non associarmi a nessuno. Non ho voluto seguire la logica della vittoria e infatti non ho vinto”.

E oggi?

“Io non dico no-grazie. Dico invece: costruiamo un progetto”.

A chi lo dice?

“Io non parlo di un progetto attorno alla mia persona. Ma di costruire un’idea di città e da lì avvicinarsi a quelle persone che possono realizzarlo”.

Per fare un nome, anche a Raffaele Lombardo?

“Molti non hanno voluto intendere che ha vissuto un profondo dramma umano. Non capisco l’atteggiamento di chi pubblicamente lo denigra e poi lo va a cercare per i voti: mi sembra una ipocrisia”. 

Intende riabilitarlo politicamente?

“Credo che sia la migliore testa politica che abbiamo in Sicilia. Un uomo diverso rispetto al passato, appunto perché ha passato quello che ha passato, non soltanto in termini processuali. Ma non voglio elogiarlo…” 

No?

“Penso che Catania abbiamo bisogno di persone che la amino”.

In campo però è già sceso Lanfranco Zappalà; nel frattempo, anche la Fabbrica di Antonio Fiumefreddo  ha lanciato il nome del manager della sanità Angelo Pellicanò. C’è spazio per un dialogo con loro?

“Persone rispettabilissime, ma bisogna uscire dalla logica dei nomi. Una logica vecchia. Da loro ci aspettiamo che dicano prima quale progetto vogliono realizzare per la città”.

Quale punti bisognerebbe mettere in agenda?

“Penso che la prossima amministrazione debba affrontare in maniera costruttiva la questione dei senzatetto. Il trattamento che subiscono al centro storico è vergognoso. Serve un dormitorio comunale per accoglierli. Serve ascoltare anche i residenti di Corso Sicilia, ovviamente. Ma gli sgomberi violenti, come quello voluto dall’assessore Andrea Barresi, non servono a nulla”.

L’ha perdonato?

“Non ho nulla contro la persona, ma assolutamente no. In una città dove l’immondizia arriva al secondo piano dei palazzi, lo sgombero dei senzatetto non può essere derubricato a operazione d’igiene. Questo proprio no: dovrebbe chiedere scusa, anzi”.

Mario Draghi intanto si è dimesso, che vuol dire?

“Averlo costretto alle dimissioni è stato un atto d’irresponsabilità, non in mezzo alle tante emergenze che stiamo vivendo”. 

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23 Luglio 2022, 05:00

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