Cronaca

Pogliese (ri)sospeso, l’appello ancora da fissare, la giustizia lumaca

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25 Gennaio 2022, 11:41

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CATANIA – La bomba della (ri)sospensione è scoppiata ieri pomeriggio a Palazzo degli Elefanti. Una missiva firmata da Maria Carmela Librizzi con il timbro della Prefettura etna ha dipinto di nero il lunedì (24 gennaio 2022) di Salvo Pogliese. Nella nota la Prefetta comunica che “…ha ripreso la sua efficacia il decreto prefettizio originario di sospensione del 24 luglio 2020 (emanato ai sensi della legge Severino) che si esaurirà decorsi 18 mesi complessivi, al netto del periodo di sospensione”. Insomma il leader della Sicilia Orientale di Fratelli D’Italia deve lasciare (nuovamente) la poltrona di primo cittadino. Ma questa è cronaca già conosciuta e raccontata, sia nelle conseguenze politiche, amministrative e anche tecnico-giuridiche. Il collegio difensivo di Pogliese è fermo su una linea – ribadita anche nell’udienza davanti al Tribunale Civile dello scorso 20 gennaio – la Legge Severino applica una misura cautelare che è ormai scaduta. E per questo perderebbe applicabilità nonostante la pronuncia della Consulta. Per i legali ci sarebbe stata una errata interpretazione della normativa. Ma in questa ingarbugliata vicenda la Prefettura ha emesso una nota che sancisce una realtà: Pogliese è sospeso per altri 13 mesi e qualche manciata di giorni. 

Ma è nei tempi che va cercata un’altra narrazione che forse avrebbe potuto risolvere la questione, ancor prima delle interpretazioni e le sovrapposizioni amministrative e giurisdizionali. La narrazione è quella del processo di Palermo. Con un procedimento di primo grado che si è concluso oltre un anno e mezzo fa. Era il 23 luglio 2020 quando la tegola della condanna per peculato di Salvo Pogliese – per le famose spese pazze all’Ars – si è abbattuta sulla città di Catania. Un verdetto che ha prodotto, in applicazione della Legge Severino, il provvedimento prefettizio di sospensione firmato dall’allora Prefetto Claudio Sammartino. Le motivazioni della sentenza da parte del Tribunale di Palermo sono state depositate quasi sei mesi dopo la lettura del dispositivo. In questo arco temporale Pogliese ha fatto ricorso davanti al Tribunale Civile di Catania e – a dicembre 2020 – è arrivato il ‘congelamento’ della sospensione. Con il suo conseguente ritorno a Palazzo degli Elefanti. Alla fine del 2021 la decisione della Consulta a riaperto il caso Catania. In meno di un mese e mezzo (con le vacanze natalizie in mezzo) è giunta la riattivazione della sospensione. 

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Ma in tutto questo lasso di tempo – 12 mesi – non c’è stata la fissazione da parte della Corte d’Appello di Palermo della prima udienza del processo di secondo grado a seguito dei ricorsi difensivi. Fino a questa mattina nessuna notifica è arrivata al penalista – contattato da LiveSicilia – che assiste Salvo Pogliese. Forse in un anno avrebbe potuto cominciare, se non chiudersi, l’appello. Con una sentenza di secondo grado ci sarebbero state meno chiacchiere e più concretezza. Con un processo già avviato le scelte – come se dimettersi o meno  – del sindaco sospeso sarebbero state (forse) meno ‘da sabbie mobili’. 

Sicuramente il covid avrà avuto il suo ‘peso’ in questo ‘stallo’. Ma la giustizia lumaca in questo Paese è un’annosa (e storica) questione. Da risolvere.

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25 Gennaio 2022, 11:41

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