20 Luglio 2014, 06:00
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PALERMO – La parola d’ordine è “relazioni”. Lo spessore politico dei nomi citati nelle carte giudiziarie è direttamente proporzionale ai fatturati dei protagonisti dell’inchiesta. E cioè, gli imprenditori finiti agli arresti domiciliari per le presunte mazzette pagate al funzionario regionale compiacente. Nelle loro conversazioni intercettate dai poliziotti della Squadra mobile di Palermo citano capi di governo, ministri, senatori, presidenti della Regione. Parlano di presunti incontri, di cene, viaggi e trasferte romane.
Nessuno dei politici è indagato. Sono, però, gli stessi magistrati ad “aprire un serio interrogativo”, volendo citare testualmente il contenuto dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere che ha raggiunto Gianfranco Cannova, dipendente dell’assessorato regionale al Territorio e ambiente, e gli imprenditori agrigentini Calogero e Nicolò Sodano, il catanese Domenico Proto e il novarese Giuseppe Antonioli (gli imprenditori sono tutti ai domiciliari ndr).
In uno stralcio di conversazione intercettata Cannova chiedeva “senti una cosa Mimmo ma la Finocchiaro che cazzo ha fatto?”. E “Mimmo” Proto rispondeva: “Statti zitto, tutto a posto, anche lì”. “Va bene. Ok. Allora…”, aggiungeva il funzionario. Nel provvedimento cautelare chiesto dai pubblici ministeri Leonardo Agueci, Dino Petralia (procuratori aggiunti) e Alessandro Picchi (sostituto), e firmato dal giudice per l’udienza preliminare Vittorio Anania, si legge che “ci sono valide ragioni per poter ritenere il riferimento alla Finocchiaro attinente la persona della senatrice, del Pd, Anna Finocchiaro, anch’essa catanese; ‘il tutto a posto, anche lì’ apre un serio interrogativo sulla capacità di influenza che Proto è in grado di mettere in gioco e sulla trasversalità dei contatti (‘anche lì’)”. E non è tutto perché, scrive sempre il Gip, “tale circostanza non può non far nascere un secondo e più allarmante interrogativo circa il modo con cui vengano realmente curati gli interessi pubblici, oggetto dell’esercizio del potere, e sulle reali istanze che indirizzano le scelte discrezionali della pubblica amministrazione: i contrapposti interessi alla salute pubblica ed allo smaltimento dei rifiuti, entrambi legittimi, oppure mere logiche di guadagno e consenso”.
Relazioni, dunque. Gli imprenditori sotto inchiesta si davano un gran da fare. Avrebbero pagato con le tangenti i favori di Cannova per ottenere i nulla osta sulle discariche e nel frattempo cercavano di alimentare la rete di conoscenze. Un altro nome presente nelle carte è quello di Saverio Romano* che nel 2011 – l’intercettazione risale a quando era ministro delle Politiche agricole – Cannova e Proto pensavano di invitare a cena. Stavano partendo per Roma. “… se tu lo ritieni c’è ne andiamo a cena con una persona… Perché non so, non so se Saverio Romano è lì… se è li lo andiamo a trovare… Se lui, Romano, lo portiamo in albergo con noi, a cena con noi”.
Quando venne a sapere che stavano per revocare l’autorizzazione ambientale alla Oikos di Proto, titolare della discarica di Motta Sant’Anastasia, la più grande dalla Sicilia, Cannova pensò subito di avvisare l’amico imprenditore affinché si attivasse con l’allora governatore della Sicilia Raffaele Lombardo. Che, stando alle parole di Proto, lo incontrerà privatamente. Non è l’unica volta in cui salta fuori il nome dell’ex presidente della Regione. Di lui parlava pure Calogero Sodano che raccontava di essere stato avvicinato “da un uomo dell’entourage del ‘presidente Lombardo’, per un sostegno politico, in cambio del quale Sodano avrebbe chiesto il rilascio dei decreti, facendo riferimento evidentemente ai decreti Aia (autorizzazione integrata ambientale ndr) per le discariche di Noto e Pachino”. Così l’imprenditore raccontava l’episodio a Cannova: “Ieri, per ora c’è chissà presidente Lombardo che mi ha mandato a chiamare, tramite… Di Mauro… perché vuole una presenza alle elezioni, per… ma io, gliel’ho detto di no, mi dovete dare i decreti… se mi date i decreti io vi faccio tutto quello che avete di bisogno… mi dovete dare un segnale, anche perché voi siete sempre nelle condizioni e i tecnici di, veramente siete veramente… guarda non è giusto che devono pagare le persone che sono impiegate per le pressioni politiche…”.
E il racconto si arricchiva di ulteriori particolari dai quali emergerebbe come la politica abbia riconosciuto agli imprenditori non solo la capacità di fare affari, ma anche di convogliare il consenso elettorale verso un partito: “… è venuto Salvo Iacono, Salvo Iacono veramente è il segretario particolare di… è lui di Di Mauro, è mi manda a chiamare Di Mauro, Di Mauro, ‘no ci rissi io’, Di Mauro sa le cose come stanno, proprio voi tramite Giannuso mi avete messo nei guai, ora dopo che io ho parlato con Salvo Iacono, mi chiama Giannuso, l’onorevole… e mi vuole parlare a Catania per le elezioni, ma… mi prendono per mafioso… io sono pulito come un pesce… cioè non io solo.. io e la mia famiglia e tutta la mia settima generazione, non so se mi spiego… noi proveniamo da famiglie pulite, e io c’ho un curriculum di denunce fatte ai mafiosi che non finisce mai, cioè non so se mi spiego… guarda… cioè fatte ai mafiosi, quando fanno a me un danno, qualsiasi cosa mi ‘fannu io i denunciu’”.
Il “Giannuso” citato citato dovrebbe essere il deputato regionale siracusano Pippo Gennuso, tra i più attivi a raccogliere il sentimento di protesta che montava fra la gente contro la discarica che i Sodano volevano aprire a Pachino. La sua battaglia si era manifestata anche durante una conferenza di servizi. Cannova raccontava di avere subito le pressioni contro la discarica anche dell’ex governatore: “Mi chiamano tutti i politici, mi chiama pure il Presidente Lombardo, mi dice il Presidente Lombardo vedi di revocare questa, questa discarica perché altrimenti il posto ti giochi”.
Un intreccio di relazioni tale che Sodano si erano messi in testa di segnalare alla magistratura le interferenze della politica. Già, tre anni prima che finissero loro ai domiciliari per corruzione, gli imprenditori agrigentini si autoproclamavano paladini della legalità pronti a denunciare la “mafia politica, una mafia grossa… loro sono mafiosi”.
Agli atti dell’inchiesta c’è pure la telefonata fra Proto e l’ex senatore Domenico Sudano, anche lui catanese, che lo avvisava dell’iter di un decreto particolarmente atteso da Proto: “Mimmuzzo… mi fanno battagliare… mi fanno battagliare, Mimmo, però va bene va… abbiamo predisposto già la risposta e martedì la firma Berlusconi, quindi, da martedì in poi, nel giro di dieci giorni, otto giorni, dovremmo chiudere sta partita, dai, se Dio vuole…” . Proto era raggiante: “Ci facciamo il Santo Natale, eh eh eh.. Un bacio grosso,un bacio grosso, allora, ok?”.
Relazioni, dunque. Nulla di più. Al momento resta senza risposta “l’allarmante interrogativo” del giudice per le indagini preliminari “circa il modo con cui vengano realmente curati gli interessi pubblici”.
* Riceviamo e pubblichiamo: “Tengo a precisare che non conosco né ho mai conosciuto il sig Domenico Proto né ho mai ricevuto dal medesimo o da suoi sodali, inviti a cena o richieste di incontro. Non posso quindi che ritenere che si tratti di un caso di omonimia o, molto più verosimilmente, di semplice millanteria”. On. Saverio Romano
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