16 Ottobre 2021, 20:11
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CATANIA – L’ombra della mafia della politica. L’inquinamento mafioso in una consultazione elettorale. Emerge anche questo, anche se solo in superficie, leggendo le centinaia di pagine dell’inchiesta Picaneddu. Operazione che ieri ha sbriciolato i vertici operativi del gruppo storico del clan Santapaola-Ercolano. Nell’ordinanza del gip Stefano Montoneri c’è solo lo stralcio di un’intercettazione tra Vincenzo Dato, latitante, e Giuseppe Russo, tra i fedelissimi del capo Melo Salemi. Quella conversazione affronterebbe la necessità dell’elezione di un determinato numero di candidati per poter chiudere una determinata trattativa economica.
Russo, detto l’elegante o il giornalista, avrebbe avuto diversi anni fa il ruolo di “informare” Dato durante il periodo di latitanza (un piccolo vizietto dell’indagato, ndr). Poi i carabinieri lo hanno catturato a Rieti nel 2018. Ma ieri è sfuggito alla cattura. Anche se gli investigatori assicurano che è solo questione di tempo.
In questa telecronaca mafiosa tra Russo e Dato emerge il mondo grigio dove mafia e politica si mescolano in una melma illecita. “L’appartenenza al sodalizio emerge anche nel prosieguo della conversazione quando i due indagati – mette nero su bianco il gip – si mostravano preoccupati per la possibilità di perdere un affare di 200 mila euro la cui riuscita dipendeva dalla vittoria elettorale in un comune non meglio individuato di soggetti sostenuti dal clan”.
“Se Dio me ne scansa non saliamo perdiamo tutte cose!», dice uno dei due indagati.
Sono diverse le indagini (Malupassu, Jungo, Iddu) che ultimamente hanno fatto emergere questa pericolosa commistione. Ma purtroppo le inchieste non hanno portato a prove tali da sostenere un’azione penale su reati elettorali. Quest’intercettazione però fa capire che i pacchetti dei voti gestiti dai mafiosi purtroppo è ancora una realtà presente.
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16 Ottobre 2021, 20:11