E sulla stampa nazionale | il governatore perde punti

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29 Luglio 2013, 06:49

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“Ci sono politici che hanno trasformato la loro bocca in megafono. È il caso di Rosario Crocetta, presidente della Regione Sicilia; ogni occasione per vantarsi è buona”. Chi l’ha scritto? Nello Musumeci in una momento di rara perdita del suo aplomb? Matteo Renzi, interrompendo il digiuno quaresimale delle non più rilasciate centosette interviste al minuto? Uno dei tanti che sono stati sacrificati, da presunti innocenti, nelle spettacolari conferenze stampa del presidente? Veramente l’ha scritto Aldo Grasso sul ‘Corriere’. Ancora: “C’è chi lo descrive come simpatico poeta dilettante, cattolico ma amante dell’Islam, arruffato e arruffatore e c’è chi, come Pietrangelo Buttafuoco, lo dipinge come un fanfarone, il Pappagone di Sicilia. Volenti o nolenti, con lui i siciliani sono costretti a cantare e a portare la crocetta”.

Già, proprio Pietrangelo Buttafuoco che ha lapidato la cosiddetta rivoluzione antimafia siciliana con un arsenale nucleare di aggettivi e nomignoli piazzato sulle pagine del ‘Foglio’. Qualche estratto: “Con Totò Cuffaro la Sicilia era quello che era: l’ultima ridotta democristiana. Fino alle estreme conseguenze: con il presidente della regione marchiato come “mafioso” e – a oggi – persino detenuto. Con il suo successore poi, quello di Grammichele, eletto nella coalizione berlusconiana (per farsi smacchiare in corso d’opera dall’onnipotente capo della sinistra antimafia, ossia il professionista Beppe Lumia), la Sicilia divenne quel che è ancora oggi: la fogna del potere. Con Rosario Crocetta, infine, eletto nell’alleanza a guida Pd, la Sicilia è solo impostura”.

Un’impostura che non avrebbe nemmeno la grazia della storia incastonata da Sciascia. Dal ‘Foglio’ piovono granate e lapilli, tra le virgolette: “ Non manca di santi in paradiso, lui. I giornali, tutti, quelli del continente soprattutto, non si preoccupano di verificare o, forse, si annoiano al solo sentire la parola Sicilia. Ha fatto cose che se solo fossero state fatte dal suo predecessore o da Cuffaro, avrebbero scatenato tutta l’informazione”.

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“Più che una rivoluzione, la sua, è un palinsesto, aggiudicandosi gli spazi in tivù. Oppure è un menabò, ritagliandosi spazi nei giornali perché, insomma, lui che è furbissimo quanto poco acculturato, si fa forte di due vantaggi. Uno è quello della sua bizzarria – e la Sicilia è la terra di tutte le bizzarrie, Beppe Grillo compreso – l’altro è il suo essere di sinistra che gli garantisce un credito malgrado tutto il tanfo del pozzo nero di Sicilia con l’incredibile bugia della rivoluzione”.

“La meteora Crocetta è solo un cachinno, i lettori di Plauto hanno ben capito il tipo, solo che Klaus Davi ha lavorato molto sul personaggio e lo ha ammodernato non poco. Quella gestualità pronta all’annuncio, quella foga propria dei venditori di medicina per i calli, non riescono a trattenere, nei suoi capelli, neri neri e finti finti, quel ciuffo che gli scatta dalla chierica ed è Pappagone, Crocetta. E’ il Pappagone di Sicilia”.

Qui è possibile leggere l’intera requisitoria. E qui appresso la ruvida carezza di Aldo che forse fa più male dei cazzotti di Pietrangelo. Il tema è apparecchiato. Sta cambiando il vento tra la stampa nazionale e il presidente che fin qui ha goduto di una notevole apertura di credito? Il testo del ‘Foglio’ non fa forse e appunto testo, perché giunge da un avversario della prima ora che compie la sua operazione preferita: devastare gli specchi in cui certi uomini pubblici si ammirano. Lo squillo del ‘Corriere’ è significativo. Sotto la scorza della bonaria presa in giro, riverbera l’aculeo di una critica radicale che presto potrebbe farsi largo. Stavolta – questa è la differenza con altre punzecchiature – traspare un giudizio severo che abbandona l’estetica, per concentrarsi sulla politica. Si trasformerà in tsunami mediatico? Nel caso, ad andare in pezzi sarà molto più di uno specchio o di una cristalleria di vanterie.

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29 Luglio 2013, 06:49

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