Porno, chi guarda? | Quattro passi in sala

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04 Aprile 2009, 09:56

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Naturalmente quel giorno incontrai tutti. Il caposervizio aveva avuto una grande idea: “Vai e portami un bel reportage sui cinema a luci rosse”. “Ma proprio dentro dentro?”. “Fuori non penso che vada bene”. Lo sventurato (cioè io) obbedì. I capiservizio hanno sempre grandi idee, il problema è che devi metterle in pratica tu.
Ovviamente, quel giorno tutto il mondo che conoscevo si era dato appuntamento, di passaggio, all’ingresso del cinema porno scelto da me per il pezzo. E fu un susseguirsi di saluti imbarazzati, mentre tentavo di svicolare: “Sto andando dal fioraio”, che purtroppo era a cento metri. Loro non mi credevano, però dissimulavano, ma gli si leggeva in faccia che mi avevano già iscritto all’inferno nella categoria “bruttoporco”. Io (lo giuro, non era apposta) indossavo un impermeabile modello maniaco dei giardinetti, per fortuna senza lecca lecca.
Entrai, comprai il biglietto. Feci i miei calcoli. Per non essere notato avrei tentato lo sgattaiolamento furtivo in sala, durante il secondo tempo. Le tenebre della proiezione mi avrebbero favorito. Aspettai dieci minuti, varcai la soglia. Tutte le teste del salone illuminato si voltarono verso di me. Sbaglio ci fu. Avevo beccato l’intervallo. Il film riprese poco dopo. Non ricordo il titolo. Credo avesse a che fare con Cappuccetto Rosso, insieme alle espressioni “davanti” e “dietro tutti quanti”. Tuttavia, la memoria ha benignamente rimosso. Rammento benissimo la faccia del vecchietto che si calò i pantaloni e cominciò a masturbarsi, guardandomi. Evidentemente, il suo senso estetico doveva essere parecchio deperito. Altri si appartavano nei bagni. Il titolare entrava di tanto in tanto e solcava le sedie con un raggio di luce modello campo di concentramento. Si vedeva che era un controllo pro forma. Uscii col mio bravo reportage e un sentimento di miseria attaccato alla gola. Nessuno di noi è immune da certi istinti, eppure il buongusto consiste nello stendere il velo pietoso del privato davanti all’osceno spettacolo di noi stessi. Alcune di quelle facce da cinema a luci rosse le ho riviste dietro scrivanie imponenti. La beffa finale fu la telefonata di un collega: “Ottimo pezzo – disse – però i titolari dei pornocinema (sì, li chiamò così) si sono arrabbiati con te. Per ora non andare in sala”. “Amico mio – risposi indignato – io non frequento quei postacci”. “Vabbè – rispose dopo una pausa con sospiro di comprensione -. Tu comunque non ci andare”.

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04 Aprile 2009, 09:56

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