22 Dicembre 2010, 13:06
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“I conti vengono prima della politica, soprattutto in un momento di grave crisi come quello che stiamo attraversando in tutto il continente. Qui invece si assiste a un continuo scontro politico che precede quella che è la priorità assoluta, cioè l’equilibrio dei conti. Per intenderci, si assiste al proverbiale caso del prestare attenzione al dito mentre qualcun altro indica la luna”. Esercizio provvisorio, patto di stabilità, tagli dalla finanziaria nazionale. Insomma, per Gaetano Armao, assessore regionale all’Economia, è un periodo particolarmente intenso, soprattutto alla luce del risanamento delle casse regionali “devastate finanziariamente – dice – dalla politica che negli ultimi dieci anni ha preceduto questo governo”.
Assessore Armao, a quanto ammontano, nel dettaglio, i tagli che la nuova finanziaria nazionale comporterà per la Sicilia?
“I maggiori fondi che mancheranno alla Sicilia ammontano a due miliardi di euro, di cui un miliardo discende direttamente dalla manovra del ministro Tremonti, mentre un altro miliardo di euro viene tagliato alla Sicilia in quanto regione a statuto speciale. A questi bisogna aggiungere 750 milioni di euro in meno di fondi Fas e 350 milioni in meno agli enti locali. Di fatto le Regioni e gli enti locali stanno pagando il risanamento dello Stato”.
Da dove bisogna dunque ripartire per sanare i conti?
“Dalla razionalizzazione della spesa. È chiaro che si tratta di conti che non possono essere risanati in sei mesi o in un anno, ma in due o tre anni ci riusciremo sicuramente. Il nostro è un Bilancio ben fatto, che finora non è stato impugnato dal Commissario dello Stato, mentre voglio ricordare che il rendiconto ha superato la verifica della Corte dei Conti. Certamente negli ultimi dieci anni la Regione ha vissuto ben al di sopra delle proprie possibilità ma sono convinto che riusciremo a fronteggiare la crisi”.
In che modo?
“Non ci si può occupare soltanto dei tagli, bisogna guardare alla doppia prospettiva del risanamento e dello sviluppo. Il solo risanamento non può bastare. È necessario il contenimento dei costi – e giusto per citare un caso tra tantissimi altri, questo governo sta riducendo le società partecipate da 28 a 10 – ma è necessaria una forte politica di sviluppo. Il nostro bilancio prevede in questo senso un investimento da 350 milioni di euro. Le previsioni dicono che il Pil della regione Sicilia per il 2011 sarà più del doppio rispetto a quello della Campania. Le esportazioni siciliane nell’ultimo trimestre sono cresciute del 43%, soprattutto in settori produttivi non tradizionali per la nostra economia. E il dato che più di tutti rassicura in questo senso è stata la capacità di penetrazione di nuovi mercati, come quello sudamericano o quello russo. Vede, i numeri sono argomenti ostinati. In un bilancio complessivo da 27 miliardi di euro, la Sicilia conta maggiori entrate per 220 milioni e minori spese per 540 milioni”.
Parliamo di sanità ed esercizio provvisorio. Come far quadrare i conti?
“Per parlare di sanità bisogna partire dal presupposto che la spesa sanitaria regionale ammonta complessivamente a otto miliardi e mezzo di euro. Vale a dire che la metà del gettito fiscale regionale riesce a coprire la metà della spesa per il servizio sanitario. Questo perché la Regione fino ad oggi ha contribuito alla spesa sanitaria per il 49,11% dell’importo complessivo, come stabilito da una legge datata 2006. Al resto ci pensa lo Stato. In precedenza la Regione aveva una quota compartecipativa pari al 42,5%. La legge in questione imponeva questa quota percentuale fino al 2011, dunque oggi la regione Sicilia è tornata a chiedere allo Stato una compartecipazione del 42,5%. Questa differenza percentuale tra il 49,11% e il 42,5% è pari a 303 milioni di euro e non 500 come ho letto altrove. Abbiamo un confronto aperto con lo Stato su questa questione, data appunto da un vuoto normativo. Ma ad oggi, di fatto, non si è ancora arrivati a un accordo. È evidente per fare un bilancio serio dobbiamo avere la certezza normativa su questo fronte. Ed è questo uno dei due motivi che ci hanno imposto la scelta dell’esercizio provvisorio”.
Qual è l’altro?
“Il patto di stabilità, che riguarda, a cascata, tutti gli enti, dalle direttive comunitarie fino ad arrivare alle amministrazioni locali. Ebbene, i criteri per il patto di stabilità sono stati comunicati da Roma soltanto lo scorso giovedì. Tutte le Regioni, eccetto la Lombardia che lo ha approvato appena ieri, non hanno ancora votato il bilancio. Vede, in questa situazione e con la crisi economica internazionale, non si può pensare a un maggiore gettito fiscale. Se non puntiamo sullo sviluppo, non possiamo prevedere maggiori entrate dalle imposte e da lì è tutto concatenato. E poi certamente ci troviamo davanti dei limiti oggettivi al contenimento della spesa, abbiamo ereditato una macchina amministrativa mastodontica e di certo non possiamo mandare a casa la gente”.
A proposito, l’impugnativa del commissario di Stato alla legge salva precari si appella anche al fatto che la legge “nulla dispone quanto alla copertura finanziaria”.
“Io credo che lì ci sia un errore di valutazione laddove si parla di nuove spese. Sia chiaro, noi da vent’anni i precari li paghiamo. Stabilizzarli non comporta alcuna spesa aggiuntiva, i 314 milioni di euro di cui parla la legge sono gli stessi del fondo per il precariato”.
Assessore lei lo ha già accennato e tante polemiche sono nate durante gli scorsi giorni: a quanto ammonta il ‘buco’ della Regione?
“Io ho letto cose errate, ma le polemiche in questa fase non servono, i siciliani vogliono le risposte. Vede, nella contabilità pubblica esiste una parte economica e una parte finanziaria. Ora, se io spendo 100 e prevedo di incassare 100, nel momento in cui incasso meno mi trovo davanti a uno sbilanciamento finanziario. Una differenza economica è altra cosa. E in questo momento sono i 303 milioni di euro di differenza tra quel 49,11% e la nostra richiesta di compartecipare al servizio sanitario per il 42,5%. ma, ripeto, su questo il governatore ha ancora un confronto aperto con lo Stato. Senza dimenticare l’ottimo lavoro di risanamento della Sanità pubblica portato avanti da Massimo Russo”.
Si è parlato anche della previsione di vendita degli immobili.
“Quegli immobili sono già occupati da imprenditori, le case sono già abitate dalle famiglie. Se noi mettiamo in vendita, che motivo avrebbero di non comprare?”.
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