24 Ottobre 2020, 17:48
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CATANIA. La “festa” per il nuovo corso del porto di Catania è durata pochi mesi. Il tempo del rito della rottura della bottiglia di champagne sul pontile della nuova “darsena commerciale”, costata milioni di euro, e della passerella di ministri e politici locali. Alcune settimane dopo l’inaugurazione in pompa magna una porzione della nuova infrastruttura è stata dichiarata inagibile e inutilizzabile. Un 2015 che sembra lontanissimo. Note, conferenze stampa, promesse. Ma la realtà è che la Tecnis, azienda che ha realizzato l’opera, nel 2017 è fallita. E da qui, lo stop a ogni “sogno” di trasformare lo scalo portuale in un “prolungamento” della città di Catania.
I benefici che avrebbe dovuto portare la costruzione della (tanto contestata) darsena commerciale (che ha portato anche a un’inchiesta poi archiviata) è ben enunciata nel sito ufficiale dell’autorità portuale di Catania. Avrebbe dovuto rappresentare “un polmone per lo stoccaggio e la movimentazione del traffico container e di quello Ro.Ro che oggi occupano la parte storica del porto a stretto contatto della città”. Con la “delocalizzazione” si sarebbe consentito “il recupero di oltre il 50% delle aree di competenza dell’Autorità Portuale per la creazione di un waterfront a servizio del traffico crocieristico, del diporto, della pesca e delle iniziative a sostegno dello sviluppo socio-economico delle città”.
A cinque anni di distanza (e dopo aver speso milioni e milioni di euro) però una porzione della darsena commerciale è inutilizzabile “ai fini della tutela della sicurezza della navigazione”. Per essere precisi nell’ordinanza numero 66 del 2018 la Capitaneria di Porto di Catania ha interdetto “l’operatività, fino a data da destinarsi, della navigazione e banchinamento dell’accosto numero 31 della darsena commerciale, per la potenziale situazione di pericolo dovuta a fenomeni di sgrottamento presso la testata della banchina 32 e radice della stessa banchina 31”.
Questo ha portato a fare un passo indietro. E per quanto vi sia scritto che in via eccezionale e non ordinaria si riutilizzano “gli approdi del porto vecchio” per l’ormeggio di unità navali adibite a traffico Ro/Ro e nella redistribuzione degli spazi consentiti alla cosiddetta “sosta tecnica” dei veicoli commerciali “fino alla ultimazione dei lavori”. “L’eccezionale e il non ordinario” è ormai normalità da anni.
Inoltre per tutta la durata dei lavori di ripristino della darsena commerciale (ancora non affidati dopo il fallimento di Tecnis), è consentita la “sosta tecnica” dei veicoli commerciali “autocarri, autoarticolati, rimorchi e trailer” in attesa di imbarco e in attesa di ritiro in alcune aree individuate dall’Authority.
Le relative direttive sono esplicate in un’ordinanza del 7 agosto 2019 firmata dal presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Orientale, avvocato Andrea Annunziata e dall’allora segretario generale facente funzioni, Pierluigi Incastrone.
Un’ordinanza che però è stata superata da un’altra, emanata lo scorso marzo dal presidente e dal segretario generale Attilio Montalto, in cui si individua “un limite temporale” della sosta dei rotabili “di 24 ore nelle giornate feriali e di 48 ore nelle giornate di sabato e festivi”. Nelle disposizioni dello scorso anno erano ben evidenziate anche le sanzioni pecuniarie a cui si andava in contro in caso di non osservanza delle limitazioni, nella nuova ordinanza l’articolo relativo alle sanzioni è sparito.
Gli operatori commerciali, che operano nella zona portuale, alla prima violazione sono immediatamente multati. Un bar, è stato cinturato da alcune barriere con tanto di cancello. GUARDA LE FOTO
Tolleranza zero, come è giusto che sia. Ma il pugno di ferro contro l’illegalità non dovrebbe conoscere “privilegi”.
All’apparenza sembrerebbe un “controsenso”: da una parte il limite e dall’altra nessuna sanzione.
Ma Annunziata – contattato da Livesicilia – dice che non è così: “Il dispositivo sanzionatorio di competenza degli organi di polizia rimane disciplinato dagli articoli 4 e 5 della ordinanza n.9 del 07.08.2019”. Si applica su questo punto l’ordinanza dello scorso anno.
Questa situazione di “stand by” ha delle ripercussioni pesanti sia nella fruibilità in sicurezza dell’area portuale da parte di diportisti, atleti e di semplici cittadini che vogliono recarsi nei locali che insistono nell’area portuale o vorrebbero poter fare una corsa o una passeggiata nel bellissimo e suggestivo molo foraneo.
I rimorchi, purtroppo, sono posteggiati a macchia d’olio in tutto lo scalo portuale. E anche fuori dalla “aree” destinate e localizzate “per la sosta tecnica” che “sembrano” guardando le cartine allegate alle ordinanze superare in superficie lo spazio che era stato localizzato ai margini di quello della darsena commerciale. Alcuni operatori del porto lanciano il sospetto che lo stallo nei lavori della darsena “sia diventato un alibi” per lasciare lo scalo portuale “regno incontrastato di tir e rimorchi”.
Una sorta di “sosta selvaggia” che si aggiunge al transito dei tir e dei mezzi che devono raggiungere i traghetti ormeggiati negli approdi del “vecchio porto” dove vi sono alcuni dei circoli velici storici della città e anche scuole vela.
Un porto quello di Catania che sembra privilegiare il settore commerciale di trasporto e scambio merce, mettendo all’angolo le attività diportistiche, sportive e anche di chi ha scelto di realizzare il suo locale o attività commerciale proprio nell’area portuale. Forse illuso da promesse del passato ancora non mantenute.
L’avvocato Andrea Annunziata replica su alcuni punti. Sullo stallo nei lavori di rispristino della darsena che non sono ancora affidati annuncia che “potrebbero esserci novità tra qualche settimana”.
Ecco cosa prevedeva il progetto irrealizzato. “La darsena commerciale – argomenta il presidente – era stata un’opera che avrebbe consentito, al suo completamento, di distribuire le aree secondo criteri di funzione moderni, adeguati e di rilancio. Brevemente, avremmo avuto tre Macro aree. La prima dal varco Dusmet alla diga foranea e piazzali destinata alla città. La parte dal varco Borsellino invece area commerciale. Al centro avremmo avuto l’area croceristi ed ai lati diporto e pescherecci. Il fallimento della società vincitrice dell’appalto per la costruzione della darsena ha rallentato ulteriormente l’ambito traguardo. Confidiamo – argomenta – però di porvi rimedio nei tempi più brevi che la legge ci consentirà”.
Annunziata snocciola numeri e ricorda la vocazione commerciale del porto di Catania per far dimenticare il sogno post “darsena”. “Non si può non evidenziare – risponde il presidente dell’Autorità – che il Porto di Catania è fra i primi quattro porti in Italia per traffico traghetti”.
“E come non si può non ricordare, a chi da voce alla verità, che nell’area portuale – afferma a LiveSicilia – se la parte commerciale mantiene un ruolo importante nel contesto del cluster marittimo è perché il porto di Catania nasce storicamente proprio per fini commerciali, per lungo tempo legati al traffico di vari merci fra cui zolfo e le arance delle proprietà del principe Biscari”.
Per il presidente inoltre le attività legate al turismo del mare sarebbero deboli. E questa tesi è avvalorata – secondo Annunziata – dai dati che provengono all’emergenza Covid-19: “Il periodo della pandemia, inoltre, ci ha insegnato come ristoranti, bar, e crociere e in generale l’economia legata alla parte ‘turistica’ è, purtroppo, mediamente più debole di quella commerciale che, invece, ha resistito meglio all’impatto destrutturante del lockdown. Quindi, offre un caposaldo più solido su cui ormeggiare le cime di una nave quando si trova in difficoltà”.
Insomma si investe su un settore che porta introiti sicuri. Una visione però che mette ancora all’angolo quel sogno di porto integrato al centro città.
Gli operatori del porto, che si sentono protagonisti dello sviluppo del porto, sono stanchi di essere lasciati in un angolo.
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24 Ottobre 2020, 17:48