CATANIA – Il Prefetto Maria Carmela Librizzi chiude la sua quarantennale carriera. Si congeda dalla città di Catania dove si era insediata nel marzo del 2021. Dal prossimo 1 maggio la palla passa al Consiglio dei ministri al quale spetta la procedura per la nomina del successore. In una Prefettura etnea che tra pensionamenti e promozioni vedrà una vacatio anche in termini dirigenziali.
“Sono stati quattro anni, e qualche giorno, molto intensi – spiega il prefetto -. Anni complicati e complessi: con tante emergenze da dover fronteggiare. Sono arrivata con la mascherina, ovvero, col covid. Abbiamo dovuto fare i conti con il ciclone, il medicane, di fine 2021. E ancora, la costante e frequente caduta di cenere dell’Etna che non può più essere sottovaluta. E gli incendi”.
Qual è stato il momento più complicato?
“Devo dire che c’era una grande preoccupazione per l’arrivo del ciclone. È stato un momento complicato ed in quell’occasione avemmo la Protezione civile ed il ministro che arrivarono qui da Roma. Ma anche sul fronte degli incendi la situazione è stata delicata: scoppiarono prima in Sicilia occidentale e noi restammo in forte difficoltà. E quando parliamo di questi fatti va sempre considerato che parliamo di preservare l’incolumità della collettività”.
Come sta la provincia di Catania sul binario dei Piani di Protezione civile e della conseguente sicurezza della popolazione?
“Sebbene alcuni Comuni non hanno aggiornato i Piani di Protezione Civile, nei momenti cruciali c’è sempre stata la coesione tra sindaci: una collaborazione che è la modalità giusta nell’affrontare adeguatamente gli eventi”.
Nel nostro territorio, le vertenze del lavoro sono una costante. Ed anche oggi lo sono.
“La Prefettura è stata centro di mediazione e di ascolto. È chiaro che ci sono casi e casi. Pare essere rientrata quella della StMicroelectronics alla luce anche dell’intervento del ministro Urso. Sulla Pfizer ci sono state interlocuzioni qui in Prefettura. Non sfuggiamo ai sit-in che ci sono sotto il nostro palazzo: ed a tutti proviamo dare ascolto. A fornire mediazione e soluzione”.
Sul fronte della criminalità organizzata, Catania a suo avviso ha fatto passi in avanti?
“Devo dire che le operazioni che si sono succedute nel corso di questi quattro anni ad opera di carabinieri, polizia e finanza ai quali va tutto il mio ringraziamento per l’impegno e la professionalità che hanno messo in campo, sono state fondamentali.
Operazioni che ci raccontano anche come la criminalità organizzata sia capace di rigenerarsi individuando nuove figure di riferimento dopo che i precedenti vertici erano finiti in carcere. Ed agiscono in silenzio. Tant’è, e non è un caso, che una delle operazioni più importanti sia stata denominata “Ombra”. E c’è un dato che non possiamo fare a meno di rilevare”.
Quale?
“Quello che si continua a pagare il pizzo. Un fenomeno traversale per il quale pagano tutti: dall’ambulante alla grossa azienda. E quello che, obiettivamente, lascia l’amaro in bocca è che non si denunci. Le denunce sono diminuite: spesso le estorsioni emergono dalle operazioni di polizia e non per effetto delle denunce”.
Un dato che assume contorni inquietanti.
“In tanti casi, anche dinanzi all’evidenza, è stato negato di avere pagato il pizzo. Questo significa che occorre impegnarsi ancora di più su questo fronte. Pagare il pizzo viene considerata quasi un’assicurazione: ma, alla fine, si paga sempre un prezzo. Che è quello della perdita della propria libertà”.
Una realtà che abbraccia tanto la sfera privata quanto quella pubblica.
“Certamente. Purtroppo ho dovuto adottare provvedimenti anche in riferimento alle infiltrazioni all’interno delle amministrazioni comunali. Provvedimenti risolutori che hanno portato allo scioglimento di ben cinque Comuni: Calatabiano, Castiglione di Sicilia, Randazzo, Palagonia, Tremestieri. E poi abbiamo in corso altre attività di accesso ispettivo. Aggiungo che anche l’azione sul fronte delle interdittive anti-mafia: ne ho adottate più di 80 in questi quattro anni”.
Ne avesse avuto la possibilità, in cosa avrebbe inciso di più ed in cos’altro, invece, si è fatto tutto il possibile?
“Parto dalle cose positive. Per una felice coincidenza di coesione nella nostra provincia stiamo vivendo una esperienza unica. Alludo all’Osservatorio metropolitano contro la devianza minorile e contro la dispersione scolastica. Un aspetto innovativo in una fusione tra la Prefettura e le altre istituzioni: un intervento che porta ad ad agire nel sociale. Partendo da elementi negativi come la criminalità giovanile e la dispersione. C’è stato l’input straordinario del presidente del Tribunale per i minorenni, Roberto Di Bella, così come il sostegno dell’arcivescovo Luigi Renna che ha riaperto tutti gli oratori. Abbiamo portato nelle scuole e nei quartieri l’opportunità, concessa ai ragazzi, di cambiare vita”.
Per il resto, cosa si poteva fare di più e cosa si poteva fare forse anche meglio? Guardi, le dico noi possiamo mettere in campo forze dell’ordine ed esercito per incrementare la percezione della sicurezza ma ci vuole la collaborazione dei cittadini. Occorre il senso civico affinché i luoghi pubblici vengano considerati come propri”.
Cosa le lascia umanamente l’esperienza di Catania?
“Come le dicevo, sono stati anni intensi. Quello che ricorderò sempre sono gli incontri con i ragazzi. Con gli studenti. Mi hanno fatto capire quanto importante sia confrontarsi con la nuova generazione di buoni cittadini”.
Che farà da domani il prefetto Librizzi?
“Dopo quarant’anni di servizio avrò un’estate libera. E per una cittadina catanese d’adozione come me, avere del tempo per potere andare al mare significa realizzare una cosa che mi è mancata tanto”.