Preghiere, invocazioni e lacrime | Palermo, la notte della speranza

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05 Aprile 2017, 07:06

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Una città assetata di speranza si è precipitata in Cattedrale, convocata dal suo arcivescovo. Questa è la notizia vera, non la polemica tra la Curia e don Alessandro Minutella che ha composto la prefazione dell’adorazione eucaristica “per sanare una ferita”. Don Corrado Lorefice è l’uomo dei sogni della Palermo tradita che attende una parola di sollievo, una guarigione immateriale, avendo ormai perso ogni fiducia nel resto.

Sullo sfondo, certo, la violenta polemica tra il parroco di una borgata il capo della Chiesa palermitana, la diaspora, narrata a filo di cronaca, tra il prete ‘anti-bergogliano’ e il suo superiore che gli ha intimato di sgomberare la canonica con un termine perentorio. Ma la presenza dei fedeli va oltre il dissidio: è soprattutto un attestato di affetto per ‘Don Corrado’.

Accorrono in moltitudini bibliche, si direbbe, già alle sette di sera – l’incipit è fissato per le nove – quando il cielo sopra Palermo ha assunto le suggestioni del cobalto. E si dispongono tra i banchi, ognuno col suo stemma, con la sua fratellanza.

Luigi è qui con la sua ragazza. Non nutre dubbi: “C’è un sacerdote che sta muovendo la sua comunità in un’altra direzione. Papa Francesco ci ha insegnato la misericordia, è questo che dobbiamo tenere presente”. Rosanna compulsa il telefonino e auspica “L’unità del popolo di Dio”. Giuseppe e Lia sono rammaricati. Conoscono don Alessandro Minutella. Lo chiamano ‘padre’. “Stiamo soffrendo tanto per lui – dice Lia -. Andiamo talvolta a sentire Messa a Romagnolo e pensiamo che don Alessandro sia un vero uomo di Dio. La cosa importante, adesso, è che si raggiunga la pace”. Una suora, in dolcissima tenuta da battaglia, conferma al microfono della Rai “la solidarietà al mio pastore”.

Fuori dal cancello della Cattedrale, uno spiegamento di forze dell’ordine, come se si dovesse fronteggiare un attacco. La prudenza è una virtù necessaria, specialmente se migliaia di persone si riuniscono nello stesso punto. Per fortuna, non succede niente da annotare.

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Palermo è qui. Ci sono i ragazzi di chitarra e di canzoni urlate, a Ferragosto, sulla spiaggia, a braccetto con una ragazza. Ci sono gli infermi: una ragazza con la stampella si appoggia eroicamente a una colonna, in mancanza di sedie; un marito sorregge la moglie che non sta in piedi, la tiene stretta a sé, perché non sia travolta dalla calca. Ci sono gli anziani col libretto delle orazioni tra le dita tremolanti. Ci sono le comunità della solidarietà e della carità. Ci sono le parrocchie. Ci sono Maria, Teresa e Caterina, della parrocchia di San Giovanni dei lebbrosi: “Non siamo qui per giudicare, speriamo solo che la frattura si ricomponga”.

C’è don Pino Vitrano, amico e braccio destro di Biagio Conte che si trova ad Assisi. “Il pastore ci chiama a raccolta – dice don Pino, con un sorriso – e noi che possiamo fare se non presentarci?”. C’è don Piero Magro di Sant’Espedito. C’è don Mario Golesano di San Pietro e Paolo. Ci sono tonache che operano nell’oscura trincea delle periferie. Sono stati tutti chiamati, dunque sono tutti qui. E c’è una città che non si ricordava da tempo, con gli occhi febbrili, accesi. Ha conosciuto piaghe e delusioni, ora accorre con la certezza della guarigione.

Don Corrado è un puntino, laggiù, all’altare. Non parla mai direttamente di don Minutella. Si concentra sull’unità dello spirito. Ringrazia. E forse si commuove. Chi può saperlo davvero? Chi può distinguere le lacrime, a una tale distanza? Chiede perdono ‘per le divisioni’, l’arcivescovo, ed è disposto a concederlo. “Nessuno si sente escluso”, è uno dei passaggi della sua omelia. Una donna dorme, distesa accanto al grande portone. Il marito che sorreggeva la moglie ha trovato un posto per lei dentro un confessionale.

La speranza, ora, è una fiammella tenue che accompagna i primi che si staccano per tornare a casa. Si mormora che ci siano pure dei ‘minutelliani’ infiltrati, però, che importa. La notte che, nel frattempo, è diventata buia con poche stelle consegna una notizia declamata, in silenzio, dalla folla: don Corrado è il timoniere da cui aspettarsi lenimento, un riconoscimento e una responsabilità immani. E’ lui l’uomo dei sogni. Il cuore trafitto di Palermo non vuole sanguinare più.

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05 Aprile 2017, 07:06

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