12 Maggio 2024, 07:28
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La presunzione di innocenza non esiste! È un principio vecchio tre secoli, è sancito nella Dichiarazione dei Diritti Umani, dovrebbe essere il caposaldo del nostro sistema giudiziario, eppure non esiste. Nemmeno l’ombra.
È solo un’espressione con cui, a turno, ci si fa la bocca; l’evocazione d’uno spiritello sfortunato, che nessuno considera e che batte un colpo sempre dopo, a babbo morto (anzi, arrestato). Altro che caposaldo!
È solo il Carneade giuridico al cui cospetto, troppo spesso, Procure e informazione si voltano dall’altra parte; e di presunto non c’è nessuno, c’è solo un colpevole certo, ammanettato, svergognato, annientato. Politicamente, socialmente, familiarmente. Funziona così. E ve lo racconto, perché ci sono passato, indirettamente ma ci sono passato.
Elezioni comunali di Palermo 2022. Adelaide, mia moglie, è candidata al Consiglio comunale di Palermo nella lista di Forza Italia e – per il sistema della doppia preferenza di genere – fa la campagna elettorale con un candidato uomo, tal Piero Polizzi.
Assieme, e in rappresentanza di un laboratorio politico da me fondato (di cui Polizzi aveva voluto far parte fin dalla sua fondazione), conducono la loro normalissima campagna elettorale, coi facsimili, le riunioni, i caffè al bar, i candidati alle circoscrizioni collegati e quant’altro.
Tutto bello, tutto liscio, tutto organizzato. Poi, tutta un’altra storia. Il buon Polizzi, politico locale di lungo corso che non aveva mai avuto nessun problema con la giustizia e che io conoscevo da decenni, l’otto di giugno, appena quattro giorni prima del voto, viene arrestato.
È stato intercettato mentre parla con un presunto mafioso (o vero mafioso, vallo a sapere), sproloquiando alla maniera spicciola e tronfia di borgata (sic!), immaginando o lasciando immaginare favori che avrei potuto fare io (allora vice presidente Ast) e chiedendo anche il voto per Adelaide (perché si fa così).
All’arresto segue un clangore mediatico senza precedenti, che inevitabilmente travolge anche noi. Per me e Adelaide non è un fulmine a ciel sereno, è un terremoto di magnitudo 1 miliardo nella scala Mercalli e nelle scale che temevamo di dover fare anche noi, pur senza mangiare né bere.
Ci è crollato tutto addosso. La vergogna, la paura – quando sei catapultato nell’iperuranio ne hai comunque paura – la incredulità. Poi la presa di coscienza, la necessità di prendere le distanze: Adelaide si ritira dalla campagna elettorale (atto politico, farlo tecnicamente non era possibile).
È garantista, per lei Piero è innocente fino a prova contraria, però si ritira; è troppo per lei, per noi. Troppo chiasso, troppa pressione. Troppo distanti da noi quelle spropositate parole, captate dalle forze dell’ordine e c’è pur sempre l’opportunità politica, che travalica ogni questione di legalità e afferisce alla sfera dell’etica … ma questo è un altro discorso. Fine.
Fine di una campagna elettorale, a cui lei aveva lavorato alacremente per anni, perché le campagne elettorali, oneste e pulite, si preparano negli anni e sono faticose quanto entusiasmanti. Tutto finito! Un’intercettazione, un arresto (a 4 giorni dal voto!) e tutto finito.
Fatica, lavoro, entusiasmo, un’elezione probabile, i sogni di una ragazza, una mamma, follemente innamorata della politica, appassionata come pochi, preparata come non molti. Tutto spazzato via. E la vita di Piero Polizzi – certo, l’aspetto più drammatico di questa vicenda – praticamente distrutta.
Passano le settimane, passano i mesi, passano quasi due anni e Polizzi viene assolto perché il fatto non sussiste. Basta, fine della storia. Ai pochissimi, pazienti lettori l’ardua sentenza. Quella del tribunale, lo ripeto, è stata di assoluzione.
Non smetterò mai di aver fiducia nella giustizia e nei suoi interpreti, non smetterò mai di fare il tifo per i magistrati e di schifare i delinquenti, ma non smetterò mai di raccontare questa storia.
E non mi stancherò mai di dire che il nostro Paese sarà un Paese migliore solo quando i presunti innocenti non dovranno più subire il silenzio d’una cella allestita troppo in fretta o lo schiamazzo d’una gogna ch’è lento a svanire o il tic tac inquietante d’un orologio elettorale.
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12 Maggio 2024, 07:28