Priolo, microspie nella stanza del sindaco: "O assunzioni o soldi"

Priolo, microspie nella stanza del sindaco: “O assunzioni o soldi”

Così parlava Pippo Gianni. I retroscena del blitz

PALERMO – “Se devo rompere i coglioni io ce la faccio a rompere i coglioni, ma non lo voglio fare”. Così parlava il sindaco di Priolo, Pippo Gianni, da ieri agli arresti domiciliari. Aveva di fronte un imprenditore che doveva occuparsi della ristrutturazione di un capannone nella zona industriale e al quale aveva appena passato un biglietto con i nominativi di quattro persone da assumere.

Secondo gli investigatori, quella di Gianni sarebbe stata una minaccia neanche troppo velata. O si faceva come diceva il primo cittadino oppure l’imprenditore avrebbe passato qualche guaio. Nella stanza del sindaco, però, i poliziotti della squadra mobile avevano piazzato telecamere e microspie.

La Procura di Siracusa guidata da Sabrina Gambino ipotizza i reati di istigazione alla corruzione, tentata concussione, concussione, falsità materiale e ideologica in atti pubblici.

C’è il caso di un imprenditore che doveva sistemare l’impianto di illuminazione al cimitero a cui, per non avere intoppi, Gianni avrebbe chiesto soldi per finanziare una squadra di calcio. Probabilmente si era sbilanciato durante la campagna elettorale per diventare sindaco e voleva onorare l’impegno. “… perché questi quando gli dai appalti grossi gli diciamo scusa glielo dai un contributo alla squadra? – spiegava Gianni – o gli chiedo le assunzioni o gli chiedo i soldi tutte e due cose non le posso chiedere… stiamo facendo gli appalti… gli dico dammi 3.000 ciascuno e gli facciamo la fattura da cinque mila”.

D’altra parte, aggiungeva, “se uno fa un lavoro di 800 mila euro e gli diamo diciamo 5.000 che cazzo ci fanno?”.

Per Gianni, ex deputato nazionale ed ex assessore regionale, di recente passato alla Lega, era un modo come un altro di fare politica: “Se una cosa che io debbo fare la posso fare me lo dite ad io la faccio. Sia con l’assessore Turano, sia con l’assessore Baglieri, sia con l’assessore Cordaro sono amici miei. Loro sanno che io ad ottobre sarò candidato ed andrò a fare l’assessore. Siccome sono l’assessore più bravo che c’è stato fino ad oggi all’Industria, dopo Rino Nicolosi che è stato più bravo di me, quindi sanno che comunque io ci sono. Siccome chiedo le cose possibili quindi manca la strada per farlo”.

Era un modo per accreditarsi. Spendeva nomi per rendersi credibile, ma Gianni non è stato candidato alle ultime elezioni regionali. Né il suo nome faceva parte dei papabili neo assessori della giunta Schifani.

“Io non sono come qualche altro che fa le cose per introitare i soldi – proseguiva -. Io i soldi non ne introito da nessuno… io non faccio ricatti, minacce, non ne faccio, non è cosa mia, io faccio politica, è da 50 anni che giro, che ho da fare con assessori, Presidente della Regione, con ministri e presidenti del Consiglio”.

Dai massimi livelli della politica alle piccole cose del Comune di cui fino a ieri è stato sindaco (il prefetto lo ha sospeso). Ad esempio dare una mano ad un’associazione culturale, circostanza per la quale arrivò allo scontro duro con il dirigente comunale del settore: “Io purtroppo ho un casino qua con il mio dirigente che adesso io lo faccio fuori… una volta e per sempre”.

Il dirigente ha confermato tutto agli investigatori. Alle indagini hanno contribuito gli agenti del commissariato di Priolo e i militari il nucleo di polizia economico-finanziaria di Siracusa. Così come è arrivata la conferma da Antonino Governanti e Nicola Ceccato, dirigenti della società Versalis del gruppo Eni e da Rosario Pistorio della Sonatrech Gianni aveva chiesto loro di favorire in un appalto un’impresa locale.

“Mi dia una mano per darvi una mano. Date una mano per darvi una mano….Ricevo anche qualche denuncia, perché l’architetto Miconi che era all’urbanistica e rompeva i coglioni a tutta la zona industriale l’ho mandato a fanculo e mi ha denunciato – diceva Gianni intercettato – Ma non me ne fotte niente perché io inseguo le idee…Non è che tutti i comuni vicini devono prendere tutte cose e il Comune di Priolo deve restare a guardare, perché poi io alla gente cosa gli dico?”.

Per convincere i suoi interlocutori ad assecondare le sue richieste il sindaco ventilava la minaccia dei controlli nella zona del petrolchimico. Controlli ambientali che avrebbero dovuto essere garantiti a prescindere. Ed ecco un passaggio inquietante delle parole del gip: “Il potere di influenza riservato al sindaco di Priolo all’interno della società consortile incide evidentemente su un aspetto fondamentale visto che Ias ha il compito di smaltire la maggior parte dei reflui industriali delle aziende del polo (e che per anni, come emerso in una seconda indagine, hanno potuti smaltirli un modo illecito anche grazie alla compiacenza, o almeno alla mancata solerzia, dei Comuni facenti parte dello Ias”. E cioè la società in mano alla Regione e ai Comuni. Sul punto è in corso un’altra indagine della Procura di Siracusa che ipotizza il disastro ambientale.

Un altro funzionario fu minacciato di ritorsioni qualora non avesse revocato i provvedimenti nei confronti di un lido di proprietà della madre di un assessore. Infine il sindaco si sarebbe attivato per togliere alcune multe per divieto di sosta. “Non glielo dire a nessuno che lo hai dato a me… stai attento la prossima volta”, diceva mentre gli passavano i verbali da cancellare.

Ce n’è abbastanza per fare scrivere al giudice per le indagini preliminari di Siracusa Salvatore Palmeri che “l’atteggiamento assunto dal primo cittadino nei confronti degli imprenditori, nonché nei confronti dei dirigenti del Comune, appare dimostrativo di un’idea distorta della funzione pubblica”.


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