Processo alle cosche trapanesi | Condanna a 12 anni per Filardo

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12 Ottobre 2015, 15:45

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PALERMO – La corte d’appello di Palermo ha condannato a 12 anni e 6 mesi Giovanni Filardo, accusato di associazione mafiosa nell’ambito del processo scaturito dall’operazione Golem 2 alle cosche trapanesi. In primo grado Filardo era stato assolto. Confermate le condanne agli altri imputati tra cui il boss latitante Matteo Messina Denaro, condannato a 10 anni per la partecipazione all’associazione mafiosa dal 2008 al 2009: per il periodo precedente c’era a carico del boss una condanna passata in giudicato a 20 anni. A 14 anni e 6 mesi era stato condannato l’imprenditore Giovanni Risalvato. Dieci anni la pena inflitta a Vincenzo Panicola, cognato di Messina Denaro, 12 a Maurizio Arimondi, 13 a Tonino Catania e a Lorenzo Catalanotto, 4 a Marco Manzo, 2 anni e 3 mesi a Nicolò Nicolosi. Rigettato il ricorso della Procura generale per Leonardo Ippolito e Calogero Cangemi, che erano stati assolti in primo grado.

La sentenza riconosce un risarcimento di 50mila euro al Partito democratico siciliano, che sotto la segreteria di Giuseppe Lupo si era costituito parte civile nel procedimento relativo alla intimidazione nei confronti del capogruppo democratico a Castelvetrano Pasquale Calamia, al quale era stata bruciata la casa. A deporre in aula, a Marsala, era stato lo stesso Giuseppe Lupo. “Giustizia è fatta – commenta Lupo, vice presidente dell’Assemblea siciliana – Il Pd è vicino ai consiglieri comunali impegnati per la legalità sul territorio”.

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“Siamo di fronte ad una sentenza per certi aspetti storica, che certifica l’impegno in prima linea del Partito Democratico, dei suoi amministratori e dei suoi rappresentanti contro la mafia e ogni forma di sopruso criminale”, dicono il segretario regionale Fausto Raciti e il segretario provinciale di Palermo Carmelo Miceli. “La sentenza – spiega Miceli, che in qualità di legale ha anche rappresentato il partito nel processo – di fatto riconosce il tentativo posto in essere da Cosa nostra di limitare l’azione politica del Pd attraverso l’intimidazione ad uno dei più noti rappresentanti locali, che più volte aveva pubblicamente denunciato gli affari e gli interessi mafiosi auspicando la cattura del boss latitante Matteo Messina Denaro”. Sono stati condannati in solido al risarcimento di 50 mila euro gli esecutori materiali dell’intimidazione, ai quali è stato riconosciuto di agire su mandato della mafia locale.

 

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12 Ottobre 2015, 15:45

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