03 Novembre 2022, 18:37
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Tre imputati sono stati sentiti in Tribunale a Trapani, oggi pomeriggio, dinanzi al giudice monocratico Chiara Badalucco, nel processo che vede alla sbarra 28 tra medici e operatori sociale accusati di falsi commessi durante le visite delle commissioni Inps.
Il processo è un troncone del più noto processo Artemisia che a sua volta vede imputati politici e professionisti anche per le accuse di costituzione di associazione segreta.
Comune denominatore tra i due processi un medico, Rosario Orlando, che nel troncone principale è finito imputato per essere stato, secondo l’accusa, la longa manus dell’allora deputato regionale Giovanni lo Sciuto, nelle procedure di riconoscimento di invalidità e benefici legati alla legge 104, a soggetti che sarebbero stati raccomandati.
Durante l’attività d’indagine posta in essere dai Carabinieri all’interno dell’Inps, dal confronto tra le immagini registrare durante le intercettazioni e la stesura dei verbali venne fuori il fatto ripetuto che talvolta a firmare i verbali erano soggetti componenti delle commissioni che non erano presenti.
L’atto di accusa della Procura di Trapani nei confronti dei 28 imputati in totale contesta 162 episodi di falso divisi in un periodo compreso tra gennaio e febbraio 2018. Ad essere stati sentiti sono stati Viviana Catania, Simona Gioè e Tommaso Savì. Nella sostanza le risposte fornite al loro difensore di fiducia, avvocato Mario Monaco, hanno asserito, si può dire, che “non tutto è stato come apparso”.
In particolare “illuminante” – così hanno commentato molti difensori a fine udienza – è stata la testimonianza della dottoressa Gioè, medico legale. Il suo è stato un esame dettagliato e per alcune domande si è anche dilungata nella risposte quasi a trasformare la deposizione in una dichiarazione spontanea.
La dottoressa Gioè ha spiegato come spesso i componenti delle commissioni operavano contemporaneamente in più visite, ed ha richiamato l’attenzione del giudice sulla circostanza che il verbale sottoscritto non era quello definitivo, ma una sorta di preliminare che serviva a raccogliere gli elementi salienti del paziente. “Procedura – ha spiegato – sviluppata seguendo la norma e le stesse direttive dell’Inps. La collegialità della commissione – ha ancora detto rispondendo ad una domanda del difensore – non è prevista in occasione della visita ma quando si deve definire il giudizio finale”.
Ancora: la dottoressa Gioè ha evidenziato che le commissioni seguivano una procedura finalizzata a rendere più rapide le visite e non creare nei pazienti ulteriori disagi. E rispondendo ad una domanda dell’avvocato Monaco, Gioè ha ricordato che a causa del procedimento penale che la vede imputata, ha subito un procedimento disciplinare da parte dell’Ordine dei Medici di Palermo, “procedimento dal quale sono uscita assolta – ha detto – l’ordine ha riconosciuto la bontà dell’azione condotta e l’assoluto rispetto del nostro codice deontologico”. Procedimento che ha riguardato con analoga decisione finale l’altro imputato ascoltato, il dottore Tommaso Savì, che si è richiamato alle risposte rese da Gioè.
Ascoltata anche la dottoressa Viviana Catania, componente delle commissioni quale operatore sociale. “Eravamo pochi rispetto alla mole di lavoro – ha detto – così poteva accadere che ci si alternava su più commissioni e la fase di compilazione delle schede era anche del tutto distinta dalla fase delle visite vere e proprie”. Lavoravano quasi gratis, “cento euro, lorde, anche per oltre 6 ore e mezzo di attività, impegno lavorativo tre volte la settimana ma anche talvolta per cinque giorni alla settimana”.
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03 Novembre 2022, 18:37