18 Giugno 2013, 18:38
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CATANIA – E’ entrato nel vivo il processo per l’omicidio di Mariella Cimò, la donna scomparsa il 25 agosto 2011 e che vede al banco degli imputati il marito Salvatore Di Grazia, 76 anni. Questa mattina si è celebrata l’udienza davanti alla Corte d’Assise presiediuta da Rosario Cuteri ed è stata avviato l’ascolto dei vari testi, si è iniziato con l’interrogatorio da parte della Pm Angelo Busacca al luogo tenente Antonio Maugeri, Comandante della Stazione di San Gregorio. Il militare all’epoca raccolse la denuncia presentata da Di Grazia solo 11 giorni dopo l’allontanamento della donna dalla villa. Fu Maugeri ad avviare le prime indagini. I dati importanti emersi dalle dichiarazioni rese oggi in aula sono principalmente due: dall’ispezione domiciliare si è appurato che il cellulare della donna era in casa, che fu trovata in pessime condizioniper il disordine e per la presenza dei tanti cani, per il carabiniere questo elemento farebbe escludere che qualche estraneo fosse entrato nell’abitazione dal giorno della scomparsa. Nella prima fase d’indagine furono fatti dei sopralluoghi anche a Pozzillo e al lavaggio di Aci Sant’Antonio, ma non emersero elementi probatori importanti fino a quando l’inchiesta fu avocata alla compagnia di Gravina di Catania.
Sul banco dei testimoni, è salito anche il nipote di Mariella Cimò, Massimo Cicero. Con lui Busacca ha cercato di ripercorrere tutti i racconti rilasciati in 7 diversi verbali, in modo da fornire ai giudici un quadro generale delle sue dichiarazioni. Il primo elemento su cui si è soffermato il Pm è stato comprendere come Di Grazia si fosse giustificato in merito al ritardo nel presentare la denuncia di scomparsa: il nipote ha dichiarato che lo zio aveva riferito che non voleva creare inutili allarmismi in quanto era convinto che la moglie avrebbe fatto ritorno non appena superata l’arrabbiatura dovuta all’alterco. I due avevano avuto una furiosa lite dovuta alla controversia legata alla chiusura dell’autolavaggio. Contrasti tra i due coniugi, ha continuato a raccontare Cicero, secondo quanto appreso dallo zio dovuti sia alla gelosia della Cimò che era convinta che il marito portasse in azienda le sue presunte amanti, ma dall’altra anche per motivi prettamente di stanchezza, voleva chiudere l’attività in modo che Di Grazia potesse aiutarla in casa e nella cura dei cani.
Cicero ha ribadito poi che lo zio in un primo momento gli aveva raccontato che il 25 agosto era uscito di casa la mattina per far ritorno la sera (stessa dichiarazione resa anche ai carabinieri), versione però smentita dai filmati del circuito di videosorveglianza dei vicini che mostrano come Di Grazia sia rientrato alla villa di San Gregorio per ben tre volte. L’imputato, oggi presente in aula e sottoposto ai domiciliari, ha poi ritrattato il suo racconto in fase istruttoria, per giustifarsi asserì che “pensava non ossero elementi particolarmente importanti e rilevanti”.
Il controesame di Massimo Cicero da parte degli avvocati delle parti civili e della difesa rappresentata dall’avvocato Giuseppe Rapisarda proseguirà durante la prossima udienza fissata per il 12 luglio alle 10.30.
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18 Giugno 2013, 18:38