Giallo Cimò, prima udienza per Di Grazia

di

26 Marzo 2013, 14:34

3 min di lettura

Salvatore Di Grazia in attesa dell'inizio dell'udienza (foto DARIO DE LUCA)

CATANIA -Salvatore Di Grazia ha affrontato oggi la prima udienza che lo vede imputato per il delitto della moglie Mariella Cimò. Oltre all’accusa di omicidio, il procuratore Giovanni Salvi e il sostituto Angelo Busacca hanno chiesto il giudizio immediato anche per il reato di soppressione di cadavere. Il corpo della 72 enne scomparsa nel 2011 infatti non è mai stato trovato. Secondo la tesi dei pm a scatenare la furia omicida del 76 enne sarebbe stata una lite furibonda tra i due coniugi avvenuta proprio il giorno dell’allontanamento della donna: il 25 agosto 2011. Marito e moglie litigarono nella villa di San Gregorio – fatto anche confermato in corso di interrogatorio dallo stesso Di Grazia – per la gestione dell’autolavaggio di Aci Sant’Antonio. Mariella Cimò voleva che l’uomo lo vendesse e se ne liberasse anche perché – secondo gli inquirenti – era il luogo utilizzato “per incontri legati a relazioni extraconiugali”. Un accusa che ha portato lo scorso 26 novembre 2012 a far scattare le manette ai polsi dell’uomo, rimasto in carcere per oltre un mese e mezzo e da dove ha continuato a dichiararsi innocente. Lasso ti tempo che ha consentito alla procura di concludere le indagini e chiedere il giudizio immediato, tanto che una volta terminata la fase investigativa a Di Grazia sono stati concessi i domiciliari da scontare, però, in una residenza diversa da quella dove viveva con la donna.

Questa mattina davanti alla Corte d’Assise presieduta da Rosario Cuteri si sono presentati oltre all’imputato Salvatore Di Grazia, sottoposto agli arresti domiciliari, 13 persone tra nipoti e pro nipoti che si sono costituiti parte civile nel processo, alcuni di loro ad eccezione di Massimo Cicero sono difesi dall legale Dario Pastore. L’avvocato di Salvatore Di Grazia, Giuseppe Rapisarda, ha però sollevato alcune eccezioni in merito alla richiesta di risarcimento del danno, riferendosi ad un articolo del codice che prevede la possibilità di costituzione civile in un procedimento ai diretti discendenti fino ai nipoti. Un’eccezione quella sollevata dalla difesa che ha portato la Corte a riunirsi in camera di consiglio per la decisione. Alla fine sono state ammesse 12 parti civili, non è stata accettata solo quella presentata dalla moglie di Massimo Cicero, Antonella Grasso.

L’apparato probatorio si fonda soprattutto su un video: quello delle immagini di videosorveglianza della villa ubicata nelle vicinanze dell’abitazione dei coniugi Di Grazia. Sono soprattutto le 48 ore a cavallo tra il 24 e il 25 agosto quelle esaminate dagli investigatori: nel filmato (di cui LiveSiciliaCatania ne possiede alcuni frame) è registrato il momento in cui Mariellà Cimò rientra in casa ma non vi è traccia del suo allontanamento. Dalle registrazioni si vedono arrivare diverse automobili, tra cui un pickup e un furgone ma in queste vettura la moglie di Di Grazia non è mai presente. Questo costituirebbe, in assenza del cadavere, “la prova logica che la donna non avendo mai lasciato la sua abitazione sarebbe deceduta”. Il video è stato acquisito dalla difesa che lo ha affidato a un consulente per la verifica sia del raggio d’azione della telecamera sia della coincidenza temporale delle registrazioni. Secondo la difesa il sistema di videosorveglianza non inquadrerebbe come una parte della strada vicino alla villa dove vi sarebbe un sentiero di campagna che Mariella Cimò avrebbe potuto utilizzare per allontanarsi per poter arrivare in diverse arterie principali della zona. Si tratta di un percorso diverso da quello indicato da Salvatore Di Grazia nel corso dell’interrogatorio e che all’epoca fu valutato dagli inquirenti troppo difficoltoso per essere affrontato da una donna di 72 anni. Questa ipotesi confuterebbe la tesi “della prova logica del decesso”.

La prossima udienza è stata fissata per il prossimo 16 aprile.

Pubblicato il

26 Marzo 2013, 14:34

Condividi sui social