I verbali di Santo La Causa:| “Vincenzo Ercolano portò la varetta”

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13 Settembre 2013, 06:00

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CATANIA – Dopo l’assoluzione in primo grado di tutti gli imputati, la Procura chiede che in Appello vengano valutati i verbali di Santo La Causa, ex reggente militare dei Santapaola, dei quali “il tribunale non ha tenuto conto nella sentenza”.

Il capo militare dei Santapaola, Santo La Causa, interrogato dalla Procura, ha parlato del ruolo della mafia nella festa di S.Agata. Secondo il Tribunale, che ha assolto tutti gli imputati, le sue dichiarazioni “non apportano certo, diciamo, nuove prove a favore dell’accusa”.

Gli investigatori non concordano. Santo La Causa, tra il 2006 e il 2009, prima di diventare latitante, mentre era sorvegliato speciale, partecipava alla festa di S.Agata portando addirittura la varetta dall’altare fino al Fercolo. “Per portare la varetta -racconta La Causa- mi ricordo che chiesi al nipote di Signorino, che si chiama Francesco, anche se non so se di cognome faccia o meno Signorino, che quando lo stesso era uno del Circolo di S.Agata e quindi persona che poteva decidere chi doveva portare la varetta o, comunque, parlare con chi doveva decidere ciò”. La Causa aggiunge: “Vincenzo Ercolano, figlio di Pippo, vestito con il sacco, insieme a me, portò la varetta”.

La stessa mattina, Santo La Causa avrebbe visto anche “D’Aquino, del clan Cappello”. “Quello che è sicuro -insiste La Causa- è che noi santapaoliani portavamo una parte della Santa diversa da quella che portavano quelli del clan Cappello”. Il capo militare dei Santapaola è sicuro del fatto che “del Circolo S.Agata faceva parte anche Enzo Mangion, figlio di Ciuzzo Mangion”. La Causa non conosce quali siano gli interessi economici della famiglia Santapaola nell’organizzazione della festa, ma è convinto che “la partecipazione alla festa di numerosi appartenenti a Cosa Nostra nasca da una questione di prestigio, nel senso che i familiari del gruppo Santapaola partecipano a tale manifestazione nei momenti più rilevanti e in fasi a cui non tutti possono partecipare, al fine di dimostrare a tutta la popolazione che si tratta di una famiglia che può mostrarsi apertamente e che può perseguire apertamente i suoi interessi illeciti. In altre parole io credo che loro partecipano a questa manifestazione per accrescere il loro prestigio in senso mafioso”. In pratica Santo La Causa confermerebbe la tesi dell’accusa e la Procura vuole che in Appello si tenga conto -a differenza del primo grado- delle sue dichiarazioni. “Contrariamente a quanto indicato dai giudici del tribunale -si legge nella richiesta di Appello- le dichiarazioni del La Causa che non risultano né riportate, né valutate in sentenza, appaiono particolarmente rilevanti, non solo perché provengono dal reggentge dell’associazione mafiosa Santapaola-Ercolano, ma anche perché -confermando le dichiarazioni rese da Di Raimondo, da Sortino e da numerosi altri testimoni di questo procedimento”, proverebbero “che la varetta con il busto reliquario di Sant’Agata non poteva essere portata da chiunque, ma solo da santapaoliani, mentre gli appartenenti al clan Cappello potevano portare lo scrigno; gli esponenti dell’associazione mafiosa partecipano alla festa non solo e non tanto per devozione, ma anche per finalità associative, ossia al fine di permettere all’organizzazione mafiosa di acquisire maggiore prestigio e potere”.

GLI ALTRI COLLABORATORI. Alfio La Piana interrogato dagli inquirenti ha sostenuto che gli interessi dell’associazione mafiosa avrebbero riguardato “bancherelle e cose varie”, Salvatore Messina, ha detto di aver accompagnato Michele Marchese, ai tempi responsabile del gruppo Zia Lisa per la famiglia Santapaola, a parlare con Nino Santapaola nella sede del Circolo S.Agata.

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Daniele Giuffrida ha parlato dei collegamenti tra le candelore e varie corporazioni etnee, legate alle organizzazioni mafiose che controllano il territorio. “Ho sentito parlare del Circolo S.Agata di via Etnea, in prossimità della chiesa Collegiata, anche se non l’ho mai frequentata. Frequentava questo Circolo, invece, il Bonaccorsi, Salvatore Chiavetta e tale Orazio detto “Broscia”, poi ucciso. La loro frequentazione aveva solo ragioni d’interesse, in quanto era in quel Circolo che si decidevano le questioni relative ai fuochisti e alla gestione dei cerei con tutto il ritorno economico che ne derivava”.

FINE SECONDA PUNTATA

Nella prossima puntata i verbali inediti dei nuovi collaboratori di giustizia.

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13 Settembre 2013, 06:00

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