28 Gennaio 2015, 20:02
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La vicenda della piscina dell’ex assessore Mariarita Sgarlata è diventata oggi l’oggetto di un nuovo polemico scambio di battute tra il sottosegretario Davide Faraone, leader dei renziani siciliani, e il governatore Rosario Crocetta. A seguito della richiesta di archiviazione da parte della procura, che pone la parola fine a una vicenda di veleni dai contorni vagamente inquietanti, Faraone ha rilasciato una tagliente dichiarazione. “In Regione – ha detto il sottosegretario – il metodo Boffo è purtroppo diventato una prassi costante. Un metodo inaccettabile, che colpisce le persone perbene. Ora sono io che chiedo chiarezza. Basta impunità per chi organizza la macchina del fango”. E la stessa Sgarlata è tornata a parlare di “dossieraggio” ai suoi danni.
Obiezioni per lo meno legittime, libero ognuno di dissentire nel merito. Ma non è nel merito che Rosario Crocetta ha risposto. Il governatore ha liquidato piuttosto l’uscita di Faraone con una battuta al vetriolo: “Ma quale metodo Boffo? Faraone forse è arrabbiato con i giornalisti per gli articoli pubblicati su un suo interrogatorio”. In soldoni, Crocetta respinge le accuse di metodo Boffo, che somiglia a quello che a queste latitudini si suol appellare col più siculo ed efficace sostantivo di “mascariamento”, “mascariando” a sua volta, con quel tirare in ballo, allusivamente e fuori da ogni contesto, l’inchiesta sulle spese pazze dell’Ars che coinvolge tra gli altri anche Faraone. Copione già visto e rivisto, in questo ormai consunto schema caro a un certo professionismo dell’antimafia politica. Alla critica non si ribatte nel merito ma si arrocca la palla nella curva del mascariamento, riservando all’interlocutore un comodo schizzetto di fango.
Per la verità, e per completezza di cronaca, il governatore ha anche aggiunto un telegramma su come l’assessore Sgarlata sia stata sostituita per ragioni politiche e non per altro. Le collezioni dei quotidiani stanno lì a raccontare un’altra storia. Ed essendo trascorsi meno di sei mesi, è difficile sperare che la memoria collettiva sia tanto corta da averlo dimenticato.
Tant’è, una vicenda di veleni è forse naturale che si chiuda con altri veleni. Che intossicano però i già compromessi equilibri tra Roma e Palermo, deteriorando ulteriormente il clima, già complicatissimo, che dovrebbe portare alla creazione di quel fantomatico tavolo romano a cui sono appese le speranze della Sicilia di scampare alla bancarotta. La delegittimazione della linea renziana di Baccei e i botta a risposta al vetriolo col luogotenente del premier forse non alimenteranno la voglia del governo nazionale di togliere le castagne dal fuoco a Palazzo d’Orleans. E l’appuntamento con il tracollo è già cerchiato in rosso sul calendario alla data del primo maggio. Quando la Regione, se Roma non farà la sua parte, si troverà con le tasche vuote e le piazze piene.
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28 Gennaio 2015, 20:02