29 Agosto 2016, 20:35
3 min di lettura
PALERMO – Li cerchi, ma non li trovi più. Nemmeno alla festa dell’Unità. Svaniti, tra le pieghe di governo e sottogoverno. Nonostante molte cose non siano cambiate. Una su tutte: il governo Crocetta era e continua a essere un disastro. Eppure, se cerchi un moralista nel Pd o tra gli abituali fustigatori pubblici, non ne trovi uno manco a pagarlo.
E dire che ad esempio uno degli aspetti che maggiormente solleticava, nei mesi scorsi, la fantasia del moralista dem era il famigerato cerchio magico di Crocetta. Lì è cambiato poco o nulla, rispetto a quando, a turno, dal segretario regionale Raciti, passando per Cracolici e Faraone, non venivano lesinate critiche feroci. Tutto svanito in una bolla. E non certo perché la situazione di quel cerchio sia migliorata. Anzi, nel frattempo sul più alto burocrate della Regione e vero braccio destro di Crocetta, ossia il segretario generale Patrizia Monterosso, è piombata una condanna contabile pesantissima e definitiva. Ma tutti zitti. Compresi, per uscire dal recinto Pd, gli esponenti del sottogoverno della rivoluzione, in primis l’ex pubblico ministero antimafia Antonio Ingroia che ha puntato il dito contro gli oscuri burocrati della Regione che hanno deciso di “tagliare” il budget di Sicilia e-servizi, ma che non si scompone mentre cade sulla Monterosso una condanna a 1,3 milioni di euro.
Uno scandalo contro cui si è levata solo la voce del Movimento cinque stelle, che ha anche sfoderato la spada di cartone della mozione di sfiducia contro la burocrate. E il punto è proprio quello: non ha inciso, finora, nemmeno la “moralizzazione” dei grillini. Non è riuscita a creare crepe nel palazzo, nemmeno a coinvolgere i siciliani in una civile, ma decisa protesta.
Per il resto, tutti zitti. Perché alla fine li trovi tutti dentro. In prima fila, tra le poltrone della giunta, o nelle retrovie. Come nel caso di Antonio Fiumefreddo che per mesi era stata la pietra dello scandalo, secondo buona parte del Partito democratico. Adesso, il leader di Riscossione Sicilia sta bene a tutti, a quanto pare, nonostante avesse condito la sua esperienza, nei giorni caldi del suo brevissimo allontanamento, con parole pesantissime rivolte ai deputati regionali, quelli del Pd compresi.
Ma adesso nessuno parla, nessuno fiata. Nemmeno, ad esempio, contro l’abuso degli uffici di staff. Quelli, per intenderci, che per lo stesso Cracolici erano un vero e proprio “scandalo”, un paio di anni fa. E a vederli adesso, pieni di fedelissimi dello stesso Cracolici, viene da sospettare che lo scandalo fosse legato all’assenza, appunto, negli uffici di gabinetto, dei suoi fedelissimi, in quei mesi tagliati fuori dall’estromissione dei cuperliani dalla giunta, voluta da Crocetta.
Il governatore dello scandalo, che anche in queste ore, da dirigenti del Partito democratico di area “renziana”, riceve commenti che vanno bene oltre il sarcasmo, in seguito alla dichiarazione del presidente gelese di volerci riprovare. Una posizione che ricalca quella di Faraone e della sua ormai nota posizione: “Ricandidare Crocetta? Sarei da Tso”. Ma anche lui, il “moralista” dei decaloghi e degli ultimatum, che addirittura puntò il dito contro la genuinità dell’impegno antimafia di Crocetta e del suo entourage (lo fece anche Cracolici, a pensarci bene, parlando di circo Barnum dell’antimafia), arriva fino a un certo punto, per poi arrestarsi. Di fronte, pare, alla real politik del Pd che vanta pur sempre un governatore iscritto a quel partito. Ma anche, probabilmente, di fronte alla difficoltà filosofica di conciliare la bacchettata moralista col fatto che quel governo degli insuccessi, delle impugnative, degli strafalcioni, delle Province ancora commissariate, dei cinquanta assessori mutati, della Formazione ferma e del disastro rifiuti, per metà è occupato da renziani o simpatizzanti.
E così, se lo cerchi non lo trovi. E il moralismo dei moralisti si dissolve definitivamente di fronte a una immagine. Quella dell’impresentabile Mirello Crisafulli, fuori dalle liste del partito, nella moralistica proscrizione del reietto al quale non concedere nemmeno il simbolo Pd nella corsa a sindaco, ma seduto comodamente all’interno di uno stand della Festa dell’Unità (cioè la festa del Pd) a raccogliere fondi per quella Università rumena che il sottosegretario all’Istruzione Faraone definì poco meno che una truffa. Non ci sono più i moralisti di una volta.
Pubblicato il
29 Agosto 2016, 20:35