09 Maggio 2014, 12:24
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PALERMO – La calma è tornata in tarda mattinata. Ma sono state ore di passione. Cassonetti rovesciati, lunghe code e mezzi pesanti fermi in attesa di entrare al porto.
Gli ex Pip, una parte dei trecento che la Regione negli ultimi mesi ha espulso dal bacino dei precari, avevano bloccato via Crispi, mentre sette di loro erano saliti su una delle gru in prossimità delle banchine dove hanno trascorso la notte. Appena scesi sono stati identificati dalla polizia e denunciati.
Finito il caos attorno alla zona del porto, un’ottantina di ex Pip si sono spostati davanti al Parlamento regionale. Clima decisamente più sereno. Pacificamente spiegano le ragioni della protesta: “Siamo esasperati – spiegano mentre stazionano sulla scalinata che porta all’Ars – perché non abbiamo come dare da mangiare alle nostre famiglie”. Ce l’hanno con il governatore Rosario Crocetta e con la decisione di cacciarli via. Si ritengono vittime di un’ingiustizia perché dicono di essere stati licenziati per reati antecedenti al 2001, e cioè prima che nascesse il bacino dei precari destinato proprio agli ex detenuti.
“Non ha senso – spiegano -, ci danno un lavoro per reinserirci nella società e ora ce lo tolgono. E che dobbiamo fare, tornare a rubare? Chi ha sbagliato dopo il 2001 è giusto che paghi, ma che c’entriamo noi. Vogliamo solo che venga applicata la legge del 2013. Abbiamo bisogno di lavorare. Ora dicono che rientrano nel bacino quelli con un reddito di 20 mila euro. Bene, però cacciano noi che campiamo solo con il sussidio”.
A riassumere la posizione degli ex Pip, che ex adesso lo sono di nome e di fatto, è il sindacalista Mimmo Russo: “Il tema della protesta è sempre quello dell’incomprensione della norma di legge. Quando nel 2001 è stato creato questo bacino di lavoratori, il requisito per l’ingresso era quello di essere degli ex detenuti. Oggi invece, con la nuova legge messa a punto da Crocetta, si cominciano a guardare quei reati che costituivano le basi necessarie per far parte del Piano di inserimento professionale”. Russo si chiede quali siano le ragioni di questo cambiamento. “Ci sono due pesi e due misure – prosegue -. La Costituzione italiana prevede che non si può eliminare un diritto acquisito”.
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09 Maggio 2014, 12:24