05 Novembre 2009, 12:10
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Com’è che lo Stato riuscì a mettere le mani su Totò Riina, la belva sanguinaria di Cosa nostra? Ecco una delle possibili risposte. “Il boss Bernardo Provenzano indicò ai carabinieri la zona esatta del nascondiglio in cui trascorse l’ultima parte della latitanza Totò Riina”. In sostanzam fu Binnu a consegnare Totò, bello e impacchettato, allo Stato. E’ l’ultima rivelazione di Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, Vito, che sta svelando ai magistrati i retroscena della trattativa tra mafia e Stato e conferma alcune precedenti affermazioni. Secondo Ciancimino, dunque, Provenzano avrebbe “venduto” il boss corleonese Riina, consentendone la cattura. Una circostanza che confermerebbe che, a una prima fase della trattativa, che ebbe come protagonista mafioso Riina, sarebbe seguita una seconda fase con un nuovo interlocutore in cosa nostra: Bernardo Provenzano. Lo stesso Ciancimino ha consegnato “nuovi” documenti ai magistrati.
Ciancimino, nel ricostruire il ruolo di Provenzano nella cattura di Riina, ha raccontato che nel periodo delle stragi mafiose del ’92, l’allora capitano del Ros Giuseppe De Donno gli consegnò delle mappe di Palermo, chiedendogli di darle a suo padre e sperando di avere un contributo utile per l’arresto del boss latitante. Secondo quanto raccontato da Ciancimino ai magistrati, don Vito avrebbe trattenuto una copia delle mappe e un’altra l’avrebbe affidata al figlio perché la consegnasse a un uomo di fiducia del geometra Lo Verde, il nome con cui l’ex sindaco indicava Provenzano. L’uomo del capomafia avrebbe, poi, restituito a Ciancimino la mappa con un cerchio proprio sopra la zona del quartiere Uditore in cui si nascondeva Riina. La cartina venne poi fatta avere ai carabinieri e Riina nel gennaio ’93 fini’ in manette.
Fonte Ansa
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05 Novembre 2009, 12:10