06 Febbraio 2015, 07:00
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PALERMO – Una trattoria diventata luogo di summit mafiosi, una tabaccheria nel salotto della città, un pub nel centro storico, un’impresa edile, case, ville, magazzini, terreni e conti correnti. Finisce sotto sequestro un lungo elenco di beni – vale dieci milioni di euro – targato Cosa nostra. Le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo e del Gico della Guardia di finanza di Palermo sono alla base del sequestro che colpisce Maurizio De Santis e Luigi Salerno. Il primo è il titolare del ristorante “Bucatino” di via Principe di Viffranca – oggi ha cambiato nome – scelto dai boss per i pranzi di Cosa nostra. Fra panelle, pasta con le sarde e buon vino si decidevano le nuove strategie dei clan di città e provincia. Perché è a tavola che la mafia per un lungo periodo si è ritrovata per le decisione importanti
Il provvedimento è stato chiesto dalla Procura della Repubblica e applicato dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale. Passano in amministrazione giudiziaria la trattoria “Cucì”, ex “Bucatino”, di via Principe di Villafranca (totalmente estranea alla vicenda giudiziaria è l’enoteca “Cucì” di via Salvatore Marchesi 9); il bar-tabacchi “Tabacco & caffè”, di via Gaetano Daita; il “Jazz ’n Chocolate” di via Giacalone (è stata sequestrata una quota pari al 60%).
De Santis e Salerno, genero e suocero, il primo in cella e il secondo libero, sono già noti alle forze dell’ordine. Salerno, 68 anni, ha già scontato una condanna a nove anni per mafia ed estorsione. De Santis, 49 anni, è detenuto dal 4 aprile scorso, giorno dell’operazione denominata “Bucatino”. Parallelamente alle indagini penali sono iniziate quelle patrimoniali al termine delle quali sarebbe emersa una “enorme sproporzione” fra i redditi dichiarati e il patrimonio accumulato. Salerno viene considerato “socialmente pericoloso” dagli investigatori non solo per la sua antica militanza in Cosa nostra. Di recente da alcuni colloqui in carcere è emerso che Giuseppe Di Giacomo, poi assassinato alla Zisa, aveva incaricato Alessandro D’Ambrogio, reggente del mandamento di Porta Nuova, di avvicinare Salerno per chiedergli un finanziamento da 100 mila euro per un traffico di droga. Salerno avrebbe preso tempo, provocando la collera di Giovanni Di Giacomo, killer ergastolano, che gli rimproverava le sue “mancanze” nei confronti dell’organizzazione, della quale avrebbe fatto fatto parte solo “per curare i suoi interessi”. C’è di più, perché Giovanni Di Giacomo aveva incaricato il fratello di pedinare Salerno, forse con il proposito estremo di eliminarlo. Ecco perché scrive il collegio delle Misure di Prevenzione composto da Silvana Saguto, Fabio Licata e Lorenzo Chiaramonte, Salerno “nonostante sia vittima dimostra che è tutt’ora inserito nelle dinamiche di Cosa nostra”.
C’è poi il capitolo redditi. Dei familiari di Salerno solo il figlio Giuseppe ha dichiarato redditi, per altro di appena dieci mila euro all’anno, dal 2003 al 2012. L’altra figlia, Rosalia, titolare della tabaccheria dal 2003 al 2012 risultava senza reddito. Come ha fatto, si chiedono gli investigatori, nel 2012 ad investire per aprire “Tabacco & caffè” in via Daita? Sempre sullo stesso principio della sproporzione fra i detti e gli investimenti a De Santis sono stati sequestrati la società Grc, formalmente intestata a Mariano Scurato e Francesco Marsalona, che gestiva il “Bucatino”. A lui sarebbe riconducibile anche la società Tades, intestata a Gaetano De Santis, che gestisce la trattoria Cucì, aperta al posto del vecchio ristorante al civico 59 di via Principe di Villafranca.
Proprio alla gestione del ristorante è legato uno dei due episodi di violenza per cui De Santis è finito in cella nell’aprile scorso assieme ad altre persone. Il locale ospitava prima la “Dispensa del Monsù” Per accelerarne la cessione ed aprire sotto l’insegna “Bucatino”, De Santis avrebbe partecipato al pestaggio del compagno della precedente proprietaria. Nel gennaio 2012, sotto casa della donna si fecero vivi in quattro. Il compagno fu preso a pugni allo stomaco e al volto, rimediò la frattura del setto nasale e finì sotto i ferri. Lo abbandonarono in un lago di sangue. De Santis, assieme al figlio Giovanni, avrebbero avuto fretta di aprire perché perché la ristrutturazione del locale era già iniziata.
Poi saltò fuori la storia di un altro pestaggio con l’aggravante che sarebbe stato organizzato per convincere i titolari di una ditta di trasporti di Termini Imerese a pagare il pizzo. Nel maggio del 2012, Tiziana Binaghi e Aurelio D’Amico, proprietari della “2D Logistica srl”, subirono il furto di un rimorchio carico di elettrodomestici. Bottino: 168.000 euro. Dal mezzo pesante era sparito pure il sistema satellitare. Una mancanza che faceva venire meno la copertura assicurativa. I due imprenditori una sera, seduti al tavolo del Bucatino, si confidarono con i titolari. A quel punto Maurizio De Santis si sarebbe candidato per risolvere la faccenda. A modo suo. Vantando una sua affiliazione alla famiglia mafiosa di Palermo Centro, si sarebbe proposto per recuperare la refurtiva. Chiedendo, però, per evitare guai in futuro, il pagamento di 15.000 euro a Natale e 1.500 euro al mese a partire da gennaio 2013. Per i carabinieri si sarebbe trattato di un’estorsione in piena regola. Anche perché De Santis avrebbe speso il nome di un’altra persona a lui vicina. Non l’ultimo arrivato di Cosa nostra, ma l’allora reggente del mandamento di Porta Nuova, Alessandro D’Ambrogio che come base operativa per convocare boss e picciotti aveva scelto proprio il locale di via Principe di Villafranca.
Gli imprenditori accettarono la proposta e pagarono i 15 mila euro in tre rate. Non solo, hanno pure il sospetto che dietro il furto ci sia la mano di due dipendenti. Ed è su di loro che si concentra l’attenzione. I De Santis, padre e figlio, in compagnia di altre due persone, si presentano nella sede della ditta. Si sarebbe trattato di una spedizione punitiva in piena regola. I due dipendenti raccontano di essere stati chiusi in una stanza, minacciati e picchiati. Gli avrebbero pure stretto un laccio attorno al collo, facendo intendere di essere pronti a strangolarli. Per la storia del pestaggio i De Santis, nel dicembre 2012, finiscono in cella assieme agli stessi titolari dell’impresa. Dopo la loro scarcerazione sarebbe iniziata la seconda fase della storia. I titolari del Bucatino, assieme a Rita Salerno (moglie di Maurizio De Santis ndr) avrebbero iniziato a fare pressioni sugli imprenditori. Pretendevano 200 mila euro per il carcere patito. A quel punto si sarebbero rivolti alla polizia, raccontando le vessazioni, le richieste di soldi e assunzioni.
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06 Febbraio 2015, 07:00