Pugni, nasi e libertà | Ma parliamo di diritti

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09 Giugno 2018, 17:57

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Spesso mi capita (come a tutti, naturalmente) di riflettere sui problemi che affliggono il nostro paese. Non so come dirvelo, ma altrettanto spesso mi sorprendo ad avere, per ciascuno dei problemi (dico tutti, nessuno escluso) una soluzione facile, bella, pronta, agevole. Ma è solo un incantesimo. Dura poco, pochissimo. Poi svanisce, lasciandomi l’amara, quanto ovvia, considerazione che no, proprio non è possibile, dare risposte semplici a problemi complessi.

C’è però un fronte, in cui non solo l’incantesimo perdura, ma si assesta, si consolida fino a diventare radicata convinzione. Ed è quello che riguarda i diritti individuali ed i c.d. temi etici Prendiamo, per esempio, il tema delle unioni civili, delle famiglie gay, tema tornato recentemente alla ribalta per le affermazioni del neo-ministro Fontana. Guardate, io non discuto la posizione di chi ritiene che la famiglia , quella vera, sia solo quella dove c’è un uomo ed una donna. E neppure quella di chi ritiene che questo sia un concetto più che superato.

Naturalmente ho le mie idee, ma mi limito ad osservare che le due antitetiche concezioni sono come traiettorie che si muovono su orbite diverse, e non avrebbero un solo motivo per intercettarsi. Uno che fosse uno. Possono tranquillamente coesistere e dispiegarsi in armonica autonomia, a seconda delle convinzioni individuali. Senza che nessuno si faccia male. In linea con la comoda, confortevole filosofia “del vivi e lascia vivere”. Che non ha nulla di disdicevole e che non corrisponde necessariamente ad un qualunquistico “girare la testa”.

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Chiamiamolo un approccio pragmatico. In fondo, a volergli dare una copertura etica o ideologica, è una visione che giova alla coesione sociale. E in tempi come questi, molto divisivi, non mi pare un risultato trascurabile. Insomma, è questo quello che penso, oltre l’incantesimo: che siamo in presenza di “non questioni”. I giuristi direbbero che manca la materia del contendere.

Mi rendo, però, conto della prevedibile obiezione alla quale presta il fianco il mio ragionamento. Obiezione che passa dal fatto che ciascuno di noi ha una sua idea di società, una sua idea di paese che corrisponde ai propri valori, e che va, e deve necessariamente andare, ben oltre la dimensione individuale. Da qui, la inevitabilità delle contrapposizioni frontali che, dunque, diventerebbero sacrosante, doverose, irrinunciabili.

E’ una argomentazione che ha una sua plausibilità. Il fatto è che mi viene in mente la frase di un celebre giurista statunitense del secolo scorso, Oliver Wendell Holmes Jr. “il diritto di agitare il mio pugno, finisce dove comincia il naso dell’altro uomo”. Ecco, sul fronte delle libertà individuali e dei temi etici, forse sarebbe meglio che ciascuno non andasse oltre la propria dimensione.​ Nessuno correrebbe il rischio di rompersi il naso, e tutti sarebbero liberi di agitare i pugni. Scusate se insisto, ma questo non mi sembra affatto un incantesimo.

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09 Giugno 2018, 17:57

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