“Purtroppo si giustifica | chi paga il pizzo”

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14 Febbraio 2010, 02:20

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Nonostante le recenti catture “eccellenti” e l’arresto di numerose nuove leve, Cosa Nostra non sembra disposta ad allentare la pressione su commercianti e imprenditori taglieggiati. Quello del pizzo continua ad essere business strategico e  assai fecondo per le casse e gli interessi della mafia. In molti, come denunciano i magistrati siciliani anti-mafia, preferiscono pagare piuttosto che collaborare. Di questo, e non solo, Livesicilia ha parlato con Sonia Alfano, europarlamentare di Italia dei Valori e figlia di Beppe, giornalista ucciso da Cosa Nostra nel 1993.

Onorevole Alfano, si è parlato in questi ultimi mesi di recrudescenza del fenomeno estorsivo; indipendentemente dai dati specifici, quali sono i fattori che impediscono il definitivo superamento del problema del racket?
“Si tratta di tante cose, ma il problema principale è un certo retaggio culturale: in molti quartieri di Palermo, ancora oggi, e prima ancora di aprire un esercizio commerciale, si fa la cosiddetta “messa a posto”. Ricordo un servizio giornalistico in cui si intervistavano i ragazzi del quartiere San Lorenzo, e tutti osannavano Provenzano. Dicevano che grazie a lui stavano bene, si pagava il pizzo e tutto andava bene, si stava tranquilli. Lo Stato, poi, fa grandi proclami, ma di fatti e dati oggettivi se ne vedono pochi. Esiste un atteggiamento istituzionale che spesso tende quasi a giustificare chi paga il pizzo”.

Confindustria Sicilia ha varato un codice etico molto rigido: “chi paga è fuori”. Pensa che questo sia sufficiente per impedire infiltrazioni mafiose nel mondo dell’impresa?
“A mio parere occorre fare molto di più. Non abbiamo tutto questo tempo a disposizione: se una persona o una ditta è in odor di mafia deve essere messa nelle condizioni di non poter più lavorare. Bisogna impedire a questi soggetti di continuare a riciclare denaro, a delinquere e guadagnare. L’espulsione da Confindustria non è sufficiente. Il codice etico per certi versi è superfluo e inefficace”.

Si è parlato anche della possibile istituzione di un’agenzia per la gestione dei beni confiscati a Cosa Nostra. Sono in molti, però, a pensare che così facendo si corre il rischio che questi beni tornino nelle disponibilità della criminalità organizzata. Lei che idea si è fatta?
“Beh, questo mi preoccupa molto. Si tratta di una presa in giro alla nostra intelligenza. Tutti sanno chi si presenta ad un’asta giudiziaria in cui vengono messi in vendita i beni confiscati alla mafia. Sfido il ministro Alfano e il presidente del Senato Schifani, che sono palermitani, a venire con me ad un’asta pubblica per vedere chi si presenta”.

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E’ancora recente la sentenza del processo “Addio pizzo” cha ha inflitto più di 140 anni di carcere per gli imputati, senza individuare però nessun colpevole per l’attentato alla fabbrica di Guajana. Cosa pensa a proposito?
“Sicuramente capisco la delusione suscitata da questa sentenza per tutti coloro che sperano che la giustizia possa dare segnali positivi. Penso sia una sconfitta per la magistratura: ci rendiamo conto che in questi ultimi tempi non si fa altro che destabilizzare l’ordinamento giudiziario, tentando di screditare i magistrati e il loro operato?”.

 A chi si riferisce?
“Questo governo sta mettendo in atto una farsa, un teatrino. Anzi la maschera non l’ha mai gettata perché non l’ha mai messa. Basta sentir parlare Dell’Utri che dice di essere in politica solo per non finire in carcere. Il popolo italiano è ridotto ad uno stato vegetativo, anche a causa della disinformazione. Se uno chiede ad un cittadino del processo breve, neppure sa di cosa si tratta e soprattutto non ha idea di  cosa si nasconde dietro proposte come queste. In un paese normale gente come Berlusconi, Dell’Utri, Cuffaro si sarebbe già dimessa da tanto, in Italia questo non accade. Segno di un decadimento filo-mafioso del nostro Paese”.

Sorge spontanea a questo punto una domanda sulle deposizioni di Ciancimino nel processo Mori: le valuta attendibili o farneticanti?
“Chi giudica farneticanti le dichiarazioni di Ciancimino, rivela in realtà di sconoscere la storia del Paese: le sue parole sono la conferma di quanto già emerso in altri processi ed accertato da altri magistrati, per esempio quelli di Firenze. La trattativa tra Stato e mafia è provata da molti fatti politici e da proposte di legge indecorose che accolgono molti punti del papello. Mi dispiace che esponenti del mio partito come Donadi, Arlacchi e Li Gotti giudichino farneticanti le dichiarazioni di Ciancimino.  Non mi sorprendono, invece, le affermazioni di Casini. Tutti sanno che cos’è l’Udc in Sicilia…”.

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14 Febbraio 2010, 02:20

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