27 Giugno 2018, 14:27
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PALERMO – Tutti d’accordo per chiuderla, ma ancora senza un progetto chiaro per il futuro. E Riscossione Sicilia rimane lì, in attesa. Il dubbio, dopo le ultime dimissioni del Cda nominato dal presidente della Regione Nello Musumeci, è saltato fuori in tutta la sua evidenza, e gravità, nella seduta della Commissione Bilancio all’Ars di questa mattina: Roma ci vuole o no? “Quando il presidente e i due consiglieri sono stati nominati, probabilmente non avevano contezza della situazione che avrebbero trovato. Ci sono state probabilmente delle cose inaspettate e non se la sono sentita di affrontare questi rischi”, ha spiegato Alessandro Aricò, parlamentare regionale di Diventerà Bellissima, dopo aver ribadito l’intenzione del governo nazionale di far cessare Riscossione Sicilia, e riferendosi alle dimissioni di Domenico Achille, Michelangelo Patanè e Graziella Germano.
La legge sulla liquidazione di Riscossione Sicilia è lì, fu approvata dal precedente Parlamento regionale, e stabilisce che entro dicembre 2018 Riscossione Sicilia deve essere chiusa mentre personale e funzioni transiteranno, sulla base di un patto con il Ministero all’Economia, all’ente nazionale Agenzia per le Entrate – Riscossione (già Equitalia SpA). Ma non è certo, a questo punto, dopo le voci che si sono rincorse in seguito alle dimissioni del Cda sui debiti della società partecipata, che il governo nazionale voglia o possa accollarsi debiti ed esposizioni della società partecipata regionale. “La domanda è – chiede Antonello Cracolici, parlamentare del Pd – il governo cosa sta facendo? Sono passati sette mesi dall’insediamento e ne mancano meno di sei per la scadenza. Appurato che l’intenzione è di chiuderla, a che punto siamo arrivati con le interlocuzioni con Roma?”.
L’assessore all’Economia Gaetano Armao non ha partecipato all’incontro ma durante i lavori della Commissione all’Ars è stato riferito che in settimana dovrebbe avere un incontro a Roma proprio sulla questione Riscossione Sicilia. E se Roma non dovesse dire sì “a questa proposta di matrimonio” (la metafora utilizzata durante il dibattito)? Le ipotesi ventilate sono due: o la creazione di una bad company che resti alla Sicilia con tutti i guai mentre il personale passa all’ente nazionale o, ipotesi più temuta dai sindacati e da buona parte del parlamento, la creazione di un nuovo ente regionale per la riscossione. Un’ipotesi che spaventa visto il fallimento dell’esperimento con Riscossione Sicilia che avrebbe dovuto essere il fiore all’occhiello della Regione siciliana. “Il nuovo ente sarebbe destinato a ripetere la stessa triste storia: investimenti e costi elevati che la Regione non può permettersi”, paventano Cgil Fisac, Ugl Credito e Unisin in una relazione che hanno presentato alla Commissione. “Il problema è che chi le amministra lo fa in modo partitistico – ha detto Stefano Zito, del Movimento 5 stelle – e questo dà vita a una logica fallimentare perché si risponde soprattutto a logiche politiche di breve termine”.
Una cosa è certa: i bilancio di Riscossione Sicilia sono in perdita dal 2009 e anche gli utili conseguiti negli anni 2016 e 2017 secondo i sindacati, ascoltati oggi all’Ars, sono “illusori”: si tratterebbe, spiega, degli effetti di misure straordinarie e uniche, come le rottamazioni delle cartelle. “La commissione di saggi nominata da Armao – ha detto Massimo Cafari, di Fisac Cgil – ha certificato che la società è strutturalmente in perdita e la Regione per salvarla dovrebbe metterci altri soldi: come spiegare ai siciliani che Riscossione Sicilia gli costa due volte?”. “Con un’altra ricapitalizzazione da parte della Regione, ci ritroveremmo di nuovo qui tra un anno”, aggiunge Marcello Abbagnato di Unisin. “La regionalità dell’ente ha agito più a discapito dei cittadini che non come volano di sviluppo per la Sicilia”, ha concluso Michela Bottino di Ugl Credito.
Tra l’altro, tra i dipendenti da tempo serpeggia un certo malessere. “I lavoratori – dice Giorgio Cuccia, della Fabi – non hanno più fiducia nel socio Regione”. “Giro e trovo disperazione tra i colleghi – aggiunge Enrico Pellegrino della Uilca Uil – anche perché l’azienda in questo momento, in assenza di vertici, è alla deriva e se va avanti, male ma va avanti, è solo per la grande volontà dei lavoratori”. Insomma, “non c’è più tempo – conclude Pietro Di Quarto – a settembre potrebbe già saltare tutto e nessuno in Sicilia si occuperà più di riscossione”.
E dal capogruppo di Forza Italia all’Ars, Giuseppe Milazzo, un suggerimento di metodo, viste le recenti paralisi del Parlamento regionale a cause dei problemi della maggioranza: “Se siamo tutti d’accordo per chiuderla, allora troviamo un percorso condiviso perché in questo parlamento, lo abbiamo visto, o le norme si fanno tutti insieme, o non passa niente”.
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27 Giugno 2018, 14:27