06 Maggio 2014, 18:45
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PALERMO – E’ tesi diffusa quella che considera l’Autonomia siciliana un fattore negativo per lo sviluppo. Per lo più utilizzata, come è avvenuto, nel bloccare o ritardare l’applicazione di provvedimenti nazionali o per determinare privilegi e nicchie di rendimento (vedi, ad esempio, i vitalizi ai parlamentari). Ma non c’è solo l’autonomia a giocare ruoli perversi nel processo di crescita della Sicilia. Talvolta c’è anche una palese incapacità amministrativa, a confronto di altre regioni, nell’inserirsi in programmi economici a livello europeo.
E’ il caso del progetto “Garanzia Giovani”, da non confondersi con il Piano Giovani, una misura quest’ultima tutta e solo siciliana attualmente “congelata”. Parliamo di un progetto nato con una dote di 1,5 miliardi di euro che ha riservato 180 milioni alla Sicilia finanziati in parte (70 milioni) dal Fse con un’anticipazione rispetto alle risorse del futuro ciclo, in parte con nuovi fondi europei ed in parte con fondi nazionali. Si punta ad offrire ai ragazzi fino a 25 anni un’opportunità di lavoro e di studio entro quattro mesi dalla acquisizione dal giorno in cui hanno perso il lavoro o dall’uscita dalla scuola. In un primo momento, ripetiamo, l’azione si concentrerà sui giovani sotto i 25 anni: in questa fascia i giovani che non studiano e non lavorano vengono considerati come obiettivo prioritario.
A partire (in teoria) dal primo maggio un giovane siciliano registrandosi pressi un servizio per l’impiego (pubblico o privato) o al portale Cliclavoro dovrebbe ricevere accoglienza, orientamento, formazione mirata all’inserimento, reinserimento (per i giovani da 15 a 18 anni) in percorsi formativi, accompagnamento al lavoro e alla formazione, proposte per un contratto di apprendistato (per la qualifica, professionalizzante, di alta formazione) o per un tirocinio. Tutto questo grazie ad incentivi per i servizi all’impiego (al nord prevalentemente private), bonus occupazionali per le imprese che assumono (fino a 6 mila euro), remunerazione a risultato sempre per le agenzie di lavoro nel caso dei tirocini, indennità per i tirocinanti. Un progetto complesso, come può ricavarsi da questa sommaria descrizione, che prevede come punto di partenza un accordo tra le singole regioni ed il Ministero del Lavoro.
Nelle regioni (Lombardia, Piemonte) in cui il programma è partito si registrano già 7.500 adesioni. Come si sta attuando in Sicilia questo progetto? Che dovrebbe distribuire in due anni 40 milioni di euro per tirocini, 33 milioni per azioni di accoglienza, 33 milioni per attività di formazione, 10 per progetti di apprendistati, 5 milioni e mezzo per progetti di servizio civile, 4 milioni per la mobilità professionale trasnazionale e territoriale, 15 milioni per erogare bonus occupazionali ai datori di lavoro che procederanno ad assunzioni. Intanto, senza un’efficace comunicazione, a prescindere dalle generazioni (sic) cui la si decida di affidare. Poi, con un deficit strutturale che riguarda “soggetti “istituzionali intorno a cui ruota tutto il progetto: i servizi per l’impiego. A quelli pubblici, prevalenti come abbiamo detto nella regione, dal 2010 ad oggi, si è rivolto per richiedere lavoro, negli ultimi tre anni, solo lo 0,8% delle imprese siciliane. Ancora, il confronto con le parti sociali in Sicilia è partito solo in questi giorni. Poi, la convenzione con il Ministero dovrà essere approvata dagli organi di governo e ricevere la ratifica da parte del Ministero del Lavoro.
Manca soprattutto la definizione della distribuzione delle risorse assegnate tra le misure che abbiamo elencato secondo i costi standardizzati per le attività già prefissati e non è emersa ancora quella serie di intese con le organizzazioni produttive alla base del progetto. Tra le quinte ItaliaLavoro, l’agenzia che sarà chiamata ad intervenire in corsa qualora le Regioni risultassero inadempienti o venissero tra sei mesi giudicate negativamente nell’esecuzione del progetto. Qualche osservazione finale: è stridente la contraddizione tra la retorica del “lavoro che non c’è”, profusa a piene mani in occasione del primo maggio, e questo ritardo (unito ad indeterminatezza sulle decisioni da assumere) accumulato nella nostra regione. Manca ad oggi una precisa ricognizione sull’efficienza dei servizi per l’impiego utilizzati spesso some contenitori per i lavoratori provenienti da altre attività. Non è facile prevedere come un sistema imprenditoriale composto da aziende che per l’80% non sono attualmente in grado di presentare il DURC (Dichiarazione Unica di Regolarità Contributiva) possa assorbire assunzioni e contratti di apprendistato. Forse la misura più popolare per gli imprenditori sarà quella degli stages fino a sei mesi gratuiti per i tirocinanti ma redditizi per le imprese (500 euro al mese). E dopo? Viene in mente un titolo di un film: sotto gli stages niente!
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06 Maggio 2014, 18:45