08 Gennaio 2018, 06:22
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PALERMO – È una storia simbolo. Simbolo di una parte di città che non solo non denuncia, ma strizza l’occhio ai mafiosi. Li protegge. Così si può riassumere la motivazione della sentenza con cui il giudice per l’udienza preliminare Nicola Aiello ha condannato Massimo Monti a due anni per favoreggiamento aggravato con la sospensione condizionale della pena. Monti è un imprenditore che fino a qualche tempo fa ha gestito la sala bingo Kursaal al Politeama. Una sala che ormai da quasi un anno ha ripreso regolarmente la propria attività sotto la direzione di un commissario.
“Bingo 10.000 X2”, c’era scritto sul libro mastro del racket di Porta Nuova. E così, nel 2013, i carabinieri del Nucleo investigativo convocarono Monti, titolare della struttura di via Emerico Amari. “… mio padre è deceduto nel mese di agosto del 2009… prima di morire – raccontò l’imprenditore – mi confidò che per la sala bingo lui pagava già da tempo il pizzo… per evitare di avere contatti con queste persone due volte l’anno, cioè a Natale e Pasqua, si era accordato a versare l’intera somma di 20.000 euro il sabato prima della domenica delle Palme. Pertanto venuto a mancare papà questa incombenza ricadde sulle mie spalle. Nel 2010 il sabato precedente la domenica delle Palme preparai una busta gialla con all’interno la somma di 20.000 euro in contanti. Nella tarda mattinata – proseguì – si presentò un uomo… io mi avvicinai e questa persona si presentò come signor Giuseppe io capii subito di chi si trattava e senza dire null’altro gli consegnai la busta con il denaro… per il 2011, per il 2012 e per quest’anno non ho più consegnato personalmente il denaro. Da allora – concluse – ho preparato la busta con i 20.000 euro e li ho lasciati a uno degli impiegati che faceva il turno il sabato precedente alla domenica delle Palme”.
Un blitz dell’aprile 2014 avrebbe segnato il passaggio da Tommaso Lo Presti a Paolo Calcagno del bastone del comando nel mandamento di Porta Nuova. Nell’ottobre dello stesso anno i carabinieri convocarono di nuovo Monti che disse di non avere ricevuto più richieste estorsive e di non conosce i soggetti ritratti in un album mostratogli dai carabinieri. Solo che, appena uscito dalla caserma, pedinato dai militari, Monti fu immortalato mentre incontrava Paolo Calcagno e Ludovico Scurato in un bar di via degli Scalini. Erano le persone che poco prima disse di non conoscere.
“Detto comportamento, teso a consentire a Scurato e Calcagno di eludere le indagini – si legge nella motivazione della condanna – integra il delitto favoreggiamento e può trovare applicazione la circostanza aggravante prevista ex art. 7 L. 203/91, trattandosi di una condotta diretta a favorire non già i soli esattori della tangente estorsiva, bensì la famiglia mafiosa di appartenenza che dalle dichiarazioni del favoreggiatore avrebbe altrimenti subito un inevitabile nocumento”.
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