16 Giugno 2016, 06:02
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PALERMO – Follow the money, diceva Gola Profonda in Tutti gli uomini del Presidente. Segui i soldi, una lezione che i grandi investigatori in prima linea contro la mafia fecero propria tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta, per infliggere colpi durissimi ai boss. Oggi, quasi per un beffardo contrappasso, il tema del “seguire i soldi” torna d’attualità, tra le polemiche, quando si parla d’antimafia. Soldi, tanti soldi piovuti su un sottobosco variopinto che sotto diverse forme ha beneficiato di un ingente flusso di denaro pubblico. Stanziato di certo con le migliori intenzioni.
Un tema, quello della “antimafia spa”, di cui s’è parlato non solo nei commenti e negli editoriali che predicano il ritorno all’antimafia “scalza” (la definizione è di Claudio Fava), ma anche nelle sedi istituzionali. La commissione Antimafia dell’Ars, ad esempio, ha avviato un’indagine sui contributi statali, regionali ed europei incassati dalle associazioni antiracket e antiusura in questi anni per capirne meglio l’utilizzo. Un’indagine “per verificare i contributi pubblici percepiti, il fatturato delle aziende confiscate gestite e l’utilizzo dei fondi del Pon sicurezza” che è ancora alle prime battute, spiega il presidente Nello Musumeci.
Ma anche l’Antimafia nazionale ha affrontato il tema. La commissione parlamentare presieduta da Rosy Bindi da tempo ha avviato una serie di audizioni per scandagliare il variegato mondo dell’antimafia. Tra le altre audizioni quella del giornalista Attilio Bolzoni, che, sentito dai commissari di San Macuto, dopo essersi a lungo soffermato sulla Confindustria siciliana analizzando criticamente la sua svolta “legalitaria”, ha allargato il discorso al “mondo associativo e all’antimafia sociale”, che “sopravvive fra liturgie e litanie e soprattutto grazie a un fiume di denaro – diceva Bolzoni ai commissari –. Tutto ciò che conquista lo status di antimafia certificata si trasforma in milioni o in decine di milioni di euro, in finanziamenti considerevoli a federazioni antiracket, in uno spargimento di risorse economiche senza precedenti e nel più assoluto arbitrio”. Lo “spargimento di risorse economiche” passa, spiegava il giornalista, anzitutto dai Pon, i Programmi Operativi Nazionali di sicurezza del Ministero dell’interno. E poi dal Ministero dell’istruzione, che, ha “distribuito milioni e forse anche decine di milioni a scuola e che poi smistava quelle somme ad associazioni sul territorio sulla base di legami e patti”, diceva Bolzoni.
Proprio quell’audizione ha spinto il Ministero dell’Istruzione a rispondere con una dettagliata missiva inviata alla Commissione Antimafia dal direttore generale Giovanna Boda, in cui veniva descritta nel dettaglio l’attività di sostegno economico a iniziative per diffondere la cultura della legalità nelle scuole. Tanta roba, più di quattro milioni all’anno. Destinati a iniziative di grande respiro come le commemorazioni del 23 maggio ma anche a piccoli progetti portati avanti dalle scuole. Somme che sono però poca cosa rispetto alle più ingenti risorse gestite con analoghe finalità dal ministero dell’Interno, tra le quali, appunto, quelle del Pon Legalità che per la programmazione 2014-2020 ha una dotazione di 377 milioni.
Insomma, tra Roma e Palermo l’Antimafia istituzionale vuole vederci chiaro sull’ombra del business che si è affacciata sull’antimafia dei movimenti, una galassia che in questi anni è cresciuta a dismisura, assumendo in certi casi le sembianze della holding, dell’ufficio di collocamento o magari della claque per l’icona del momento.
La prima puntata del viaggio nel mondo del denaro destinato all’antimafia parte quindi proprio dal Ministero dell’Istruzione, che sul tema offre tempestivamente informazioni precise e molto dettagliate. E utili a evitare generalizzazioni.
I soldi alle scuole
In totale per l’anno scolastico appena concluso il Ministero della Pubblica Istruzione ha stanziato più di quattro milioni. Di questi, 3,4 milioni sono stati erogati attraverso un bando pubblico per il finanziamento di 1.139 progetti educativi sul tema della promozione della cittadinanza attiva e della legalità realizzati su tutto il territorio nazionale. La media degli stanziamenti quindi è di circa 3mila euro per progetto. L’anno precedente per questa stessa voce c’era ancora di più: 4 milioni e 200mila euro. La parte del leone la fanno le scuole siciliane che quest’anno si sono accaparrate più del 16 per cento delle risorse disponibili (seconda la Campania).
I soldi vanno alle scuole che a loro volta li utilizzano per le attività finalizzate a diffondere la cultura della legalità, che magari coinvolgono vari attori del territorio – è qui che possono entrare in scena varie associazioni antimafia, antiracket e via discorrendo –, sotto il monitoraggio e il controllo del Miur. I progetti sono i più svariati e riguardano argomenti legati alla promozione della legalità con il coinvolgimento degli studenti. Le stesse scuole possono attingere a loro volta, oltre che ai fondi del Miur, anche a finanziamenti di altri ministeri (come il Viminale) o regionali o degli enti locali (per quelli che ancora hanno qualche spicciolo da spendere).
I bandi
A questi 3 milioni e mezzo si aggiungevano nel 2015 altri 840mila euro che attingono a un altro capitolo di bilancio. Di questi, 100 mila euro hanno finanziato un altro bando pubblico per sostenere attività in accordo con associazioni impegnate sul campo dell’educazione alla legalità in tutta Italia, assegnando a ciascuna delle realtà selezionate piccoli stanziamenti compresi tra i quattro e i settemila euro. Tra i beneficiari le fondazioni Rocco Chinnici e La Città Invisibile (7.200 euro per creare un’orchestra che coinvolge i bambini delle aree a rischio dell’hinterland catanese), l’Auser di Augusta e l’Acmos (7.470 euro per attivare laboratori didattici sul gioco d’azzardo all’interno di beni confiscati). I restanti 740 mila euro di questa voce (“Spese per iniziative finalizzate a promuovere la partecipazione delle famiglie e degli alunni alla vita scolastica. Spese per il sostegno del volontariato sociale”) vanno alle attività di interesse nazionale organizzate dalla Fondazione Falcone (490mila euro) e Associazione Libera (250). Queste le cifre del 2015, quest’anno il contributo alla Fondazione Falcone è sceso a 400mila euro e quello a Libera a 150mila euro.
I protocolli d’intesa
Le somme impegnate dal ministero per le attività realizzate insieme a Fondazione Falcone e Libera (740mila euro nel 2015, 550mila nel 2016) sono stanziate in base alle convenzioni che danno attuazione ai protocolli d’intesa sottoscritto dal Miur con questi due soggetti. La convenzione con Libera, l’associazione fondata da don Luigi Ciotti, finanzia la Giornata della Memoria delle vittime delle mafie, che si celebra ogni anno in una città diversa il 21 marzo con partecipazioni da tutta Italia e la presenza di migliaia di studenti. I fondi per la Fondazione Falcone finanziano le iniziative del 23 maggio e gli altri eventi analoghi organizzati per tenere viva la memoria del magistrato ucciso a Capaci (quest’anno oltre a Palermo erano coinvolte altre sei “piazze” in Italia). “Facile dunque comprendere che non si tratta di generose elargizioni a favore di Associazioni che non hanno alcun obbligo di rendicontazione”, ha scritto al riguardo il Ministero alla Commissione Antimafia. “Come vengono dunque spesi i soldi? Per assicurare l’organizzazione, la sicurezza, il ristoro di tutti i partecipanti – si legge nel documento del Miur –. Se si calcola quindi circa 20.000 partecipanti (per il 23 maggio, ndr) lo stanziamento prevede un costo persona pari a circa 25 euro (analogo il costo per persona per l’iniziativa di Libera, ndr) che devono coprire rimborsi spese, pranzo e merenda, allestimenti stand, palchi, sicurezza, stampe, eccetera”.
Le manifestazioni del 23 maggio hanno coinvolto negli anni decine di migliaia di studenti italiani avvicinando generazioni alla conoscenza dei valori incarnati da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. “Abbiamo cercato di portare avanti un movimento culturale che coinvolga tutti i giovani d’Italia – spiega Maria Falcone, sorella di Giovanni e da sempre anima della Fondazione – per portare avanti i valori nei quali hanno creduto Giovanni, Francesca, Paolo. Ai ragazzi il messaggio della legalità arriva più forte grazie all’accostamento di queste figure. E il ministero ha sempre creduto in questo lavoro, a prescindere dal colore politico”. E lo stesso ministero ricorda nel documento sopra citato come Falcone e Borsellino si fossero espressi sulla sfida “culturale” che la mafia impone alla società.
Le altre attività nelle scuole
Il ministero della Pubblica Istruzione, inoltre, realizza altre attività per diffondere la cultura della legalità nelle scuole in forza di convenzioni sottoscritte con vari soggetti, dal Csm all’Autorità Anticorruzione, dalla Federazione Nazionale della Stampa all’Anm. Sulla base di queste carte d’intenti, gli esperti dei partner del ministero vanno gratuitamente nelle scuole per parlare agli studenti di legalità. Anche le convenzioni possono avere dei costi: il Miur nella sua lettera all’antimafia allega a titolo d’esempio la convenzione con l’Università di Pisa per la realizzazione di un “piccolo Atlante della Corruzione”, progetto che ha un costo di 35mila euro.
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16 Giugno 2016, 06:02