05 Aprile 2019, 15:10
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PALERMO – “Queste dodici persone non rappresentano esempi di eroismo o pregiudizio, non occorreva preservare le proprie ragioni; il loro gesto partiva da un sentimento di decenza”. Così Claudio Fava descrive i dodici professori accademici che scelsero di non giurare fedeltà al fascismo, presentando in anteprima il suo romanzo “Il Giuramento”, edito da Add, alla libreria “Modusvivendi” di Palermo. Parlamentare siciliano e presidente della Commissione regionale antimafia, Fava è anche giornalista, scrittore e sceneggiatore; prima che un libro, “Il Giuramento” è uno spettacolo teatrale diretto da Ninni Bruschetta, che ne ha portato in scena il testo inedito.
Nel 1931 fu imposto a tutti i professori universitari di giurare fedeltà al fascismo. Il regime mostrò i muscoli e istituzionalizzò ulteriormente la propria affermazione, ma in 12 su oltre 1.200 rifiutarono di prestare giuramento, consapevoli delle inevitabili conseguenze. Il romanzo è liberamente ispirato a uno di loro, Mario Carrara. “Perché lui? Perché era anche uno scienziato, genero di Cesare Lombroso, patologo di chiara fama, uno di quelli che hanno ricostruito la medicina moderna e che proprio Lombroso l’hanno messo in discussione”, spiega Fava.
“I dodici professori persero subito la cattedra, altri anche la libertà, come Carrara, che morì in carcere; del loro gesto però resterà traccia solo molto dopo, così come per molte altre vicende umane del tempo”. Il coraggio e la schiena dritta di un uomo risoluto e deciso a non cedere, “non perché era un militante – ritiene l’autore – ma perché riteneva una vergogna attenersi alla formuletta per conservare la cattedra. E uno dei personaggi che lo contrastano è il preside della facoltà, totalmente inventato ma indicativo e rappresentativo di una categoria di quei tempi”.
In occasione della presentazione, Fava narra alcuni passaggi del romanzo e racconta “allisciamenti” e atteggiamenti vaghi del preside dagli “occhiali da topo”, che a lezione parla agli allievi di “animali inferiori” e che considera il giuramento dei colleghi professori una “formalità”. Tra la convinzione che l’inclinazione al crimine fosse una patologia ereditaria, trattamenti pari alle odierne torture e lezioni universitarie oltre il limite della decenza umana, il Mario Carrara de “Il Giuramento” osserva la realtà col distacco di chi coglie la tendenza politica dell’epoca e, come nei confronti del genero Lombroso, decide di alzare la testa e contestarla. “In un periodo in cui il conformismo era un modo per tenere il genere umano dentro un acquario, ognuno al suo posto, uno come Mario Carrara non poteva non mettersi di traverso”, commenta Fava.
“Il romanzo racconta una vicenda remota nel tempo e tragicamente attuale nei contenuti, nello spirito e nelle forme – osserva il leader del movimento Cento Passi –. Penso che nel libro ci sia molto la storia degli italiani, forse anche i nostri sono giorni di ‘conformismo comodo’ nel quale ognuno cerca di confondersi. La ‘pelle di un altro colore’, in quel caso, era il fatto che non avevi voluto giurare o che eri ebreo”. Il romanzo racconta anche chi ha vissuto il periodo dall’altro lato della cattedra: Carrara conosce anche le sofferenze degli studenti antifascisti come Malagò, massacrato per non aver dato ai soldati le informazioni richieste e impiccatosi per non perdere la dignità. Il professore lo ritroverà in aula come “materia” di studio, ormai cadavere, di fronte agli allievi quasi in lacrime. “Se n’è andato coi suoi pensieri intatti, col cuore in pace – dirà Carrara ai suoi studenti nel romanzo –. Questo è il volto di un uomo libero”.
“Il punto in cui il libro si vuole sovrapporre alla realtà è l’ultima lezione di Carrara – racconta Fava –. Il momento che sapeva fosse il suo ultimo atto in quell’aula, ma il suo trionfo morale. È anche l’ultima scena dello spettacolo, ripercorsa pure nel libro, usando passaggi della vera lettera che Carrara lesse a lezione”. “Servirà a questo, la vostra scienza: imparerete a dubitare, anche di voi stessi, e nel dubbio scoprirete di essere liberi”, dice Mario Carrara subito prima di essere salutato da un coro di passi battenti di ragazzi in piedi, senza applausi né parole. Poi il carcere, epilogo della vita da uomo libero di Carrara e del romanzo. “Il libro è dedicato a lui e gli altri undici”, chiude Fava, leggendo a uno a uno i loro nomi.
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05 Aprile 2019, 15:10