16 Giugno 2018, 06:04
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PALERMO – Gli anni passano, la politica cambia, ma a Messina il tribuno si porta sempre. Cinque anni dopo l’exploit a sorpresa del pacifista No Ponte Renato Accorinti, la Città dello Stretto manda al ballottaggio un altro outsider solo contro tutti, Cateno De Luca. E se di Accorinti fece discutere il look minimal con t-shirt e sandali, di Cateno tanti ricordano addirittura la nudità, avvolta da una bandiera della Trinacria all’Ars in occasione di una delle sue famose proteste.
In una tornata elettorale in cui i 5 Stelle hanno raggranellato ben poca cosa rispetto al trionfo del 4 marzo e in cui i politici di lungo corso si sono presi la loro rivincita, in realtà il vento del “cambiamento”, declinato in altri linguaggi, non è mancato del tutto. Ma, proprio come era accaduto a Palermo alle ultime amministrative, quando sui territori si presentano politici attrezzati che riescono a intercettare un certo sentimento dell’elettorato facendo concorrenza al Movimento 5 Stelle, i grillini segnano il passo.
Messina è un caso emblematico. De Luca, con il suo stile sopra le righe, i suoi toni anti-sistema, il suo rivolgersi direttamente al “popolo” in una città dove gli apparati di potere erano ben visibili al seguito dei suoi principali competitor, ha intercettato un bel pezzo di voto che in sua assenza avrebbe potuto confluire sui 5 Stelle e che in parte è andato anche all’uscente Accorinti.
Insomma, il voto di domenica che in apparenza potrebbe sembrare una rivincita del sistema sull’antisistema, della politica tradizionale sull’antipolitica movimentista, in realtà suggerisce un approfondimento d’analisi in questo senso. Perché le istanze che alle Politiche – e in misura minore ma comunque consistente – avevano spinto in Sicilia i 5 Stelle, ovviamente non scompaiono ma piuttosto trovano in diversi casi interpreti più scafati e navigati che riescono a intercettarle. Proprio come fece Leoluca Orlando allo scorso giro con il suo “civismo”. Quello stesso civismo che è stata la parola d’ordine di Giacomo Tranchida a Trapani: nel suo schieramento non mancava la nomenklatura di sistema avversata dai grillini, ma sulla scheda non c’erano simboli di partito, nemmeno del suo, il Pd. E il vestito civico, se indossato da interpreti politicamente abili, funziona nel contrastare l’assalto pentastellato al sistema. Anche a Ragusa, ad esempio, l’unico centro in cui i grillini sono ancora in corsa (qui governavano), il Movimento ha ottenuto il 22 per cento, ma Peppe Cassì, un ex cestista prestato alla politica, con il suo progetto civico spinto da quattro liste (una sola con un simbolo di partito, FdI), è arrivato quasi appaiato e se la giocherà al ballottaggio da outsider, mentre Pd e Forza Italia si leccano le ferite. Il vento dell’antisistema, insomma, non si è spento ma è stato intercettato anche da altre vele che non sono più solo quelle grilline.
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16 Giugno 2018, 06:04