08 Maggio 2012, 17:28
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Non è stata una catastrofe, commentava ieri a caldo Angelino Alfano. Se non lo è stata, tanto ci assomiglia però. Perché se al di là dello Stretto, e soprattutto al Nord, il Pdl si è quasi disintegrato, qui in Sicilia le cose non sono certo andate alla grande per gli alfaniani. Il centrodestra, che scaldava i motori in vista del possibile voto anticipato di ottobre per riprendersi Palazzo d’Orleans si risveglia parecchio spaesato all’indomani di questo voto amministrativo. Il più ammaccato è senz’altro il Pdl: nella regione del segretario Alfano, il partito non ha brillato, tanto per usare un eufemismo. A Palermo, dopo dieci anni di sindacatura, il Pdl non ha nemmeno portato al ballottaggio il suo candidato, che numeri alla mano, è stato letteralmente abbandonato alle urne dalla sua coalizione. Il raffronto con cinque anni fa è impietoso: allora Forza Italia schierò tre liste più una di An, il blocco superò il 30 per cento. Oggi il Pdl a Palermo pesa poco più dell’otto, molto meno di quella soglia del 12, già modesta, che si sussurrava prima del voto dalle parti degli azzurri. E anche negli altri comuni i risultati sono stati tutt’altro che entusiasmanti. Ad Agrigento, casa Alfano, il Pdl prende il 14 per cento e il suo candidato va al ballottaggio da inseguitore staccato di 17 punti percentuali dall’uscente Marco Zambuto. Stessa musica a Marsala, con Salvatore Ombra lontanissimo da Giulia Adamo. E anche nella Trapani di Tonino D’Alì l’uomo sostenuto dal Pdl si piazza solo secondo e non raggiunge nemmeno il 20 per cento. Ma scorrendo i risultati degli altri centri, emerge un quadro di un Pdl che soffre a macchia di leopardo: a Paternò, patria di Ignazio La Russa, il candidato pidiellino resta fuori dal ballottaggio, superato da centrosinistra e Terzo Polo, esattamente come a Scicli e Caltagirone. Neanche l’alleanza contronatura con l’Mpa del detestato Raffaele Lombardo è servita al Pdl per vincere a Misterbianco, dove almeno però si è raggiunto il risultato del ballottaggio contro Nino Di Guardo.
Insomma, il commento del coordinatore regionale Giuseppe Castiglione secondo il quale “il Pdl può ritenersi assolutamente soddisfatto del risultato” lascia perplessi, così come il velato tentativo di parte del partito di scaricare su Massimo Costa le responsabilità della debacle di Palermo. Nel capoluogo c’è aria di resa dei conti. Francesco Cascio, che da tempo prendeva la rincorsa per Palazzo d’Orleans, certo esce indebolito dalla batosta del suo amico Costa: “Qualcuno ha immaginato che perdendo Costa perdessi io”, ha detto ieri sera il presidente dell’Ars, citato dai siti on line.
L’altro aspirante governatore, Gianfranco Miccichè, ha avuto notizie migliori dalle urne. Forse non c’è stato lo sfondamento auspicato dagli arancioni, che a Palermo, roccaforte miccicheiana, si fermano comunque intorno al sei per cento. Ma considerato i numeri del Pdl, Miccichè e i suoi sorridono: “Siamo una forza radicata e determinante”. Il problema sarà capire con chi allearsi per provare a vincere. A Trapani, ad esempio, Miccichè e i suoi hanno fatto squadra col Terzo polo, staccando tutti gli altri. A Palermo, il patto con Pdl e Udc, ha avuto esito opposto.
Già, l’Udc. Ha tenuto in questa tornata elettorale. D’Alia ha portato a casa un risultato rispettabile a Palermo, nel primo test dopo l’uscita dal partito di Romano & C. Ma negli ultimi giorni di campagna elettorale i casiniani sono sembrati molto tiepidi verso il Pdl. E lì dove si sono presentati senza fare patti con Alfano, vedi Agrigento e Marsala per esempio, hanno raccolto ottimi risultati.
Se Udc e Grande Sud alla luce di questo test rivaluteranno l’idea di un patto col Pdl, al partito di Alfano potrebbe restare solo al compagnia del Pid. Che a Palermo non ha certo sfigurato, complice la buona performance di Marianna Caronia. Per quanto, nella sua Belmonte Mezzagno, Saverio Romano abbia dovuto assistere alla sconfitta del suo candidato sindaco. È proprio vero, nemo propheta in patria.
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08 Maggio 2012, 17:28