09 Maggio 2018, 15:49
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AGRIGENTO – Con una lettera e una concelebrazione ai piedi del Tempio della Concordia, i vescovi di Sicilia ricorderanno e rinnoveranno oggi pomeriggio lo storico appello alla conversione che 25 anni fa, al termine della Messa nella Valle dei Templi, Giovanni Paolo II rivolse agli uomini e alle donne della mafia: “Convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio”. La lettera sarà presentata ai giornalisti alle ore 16.30 nella chiesa San Nicola, ad Agrigento, da mons. Salvatore Gristina, arcivescovo di Catania e presidente della Conferenza episcopale siciliana, insieme con il vescovo di Monreale mons. Michele Pennisi e il vescovo di Ragusa mons. Carmelo Cuttitta, rispettivamente vice presidente e segretario della Cesi. Ad introdurre i lavori sarà il card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento. La lettera sarà pubblicata integralmente sul sito delle Chiese di Sicilia alle ore 18. La parte conclusiva della lettera, sotto forma di messaggio, sarà letta ai fedeli che parteciperanno alla concelebrazione eucaristica con i vescovi dell’Isola, alle 18, nella Valle dei Templi. La messa sarà presieduta dal card. Montenegro e trasmessa in diretta da Tv2000.
“Tutti i mafiosi sono peccatori: quelli con la pistola e quelli che si mimetizzano tra i cosiddetti colletti bianchi, quelli più o meno noti e quelli che si nascondono nell’ombra”. E’ quanto si legge fra l’altro nella Lettera dei vescovi di Sicilia intitolata “Convertitevi!”, a 25 anni dall’appello di San Giovanni Paolo II ai mafiosi nella Valle dei Templi, ad Agrigento, che oggi viene ricordato con una solenne cerimonia nello stesso luogo. All’epoca Giovanni Paolo II gridò a braccio ai mafiosi “Convertitevi! Una volta, un giorno, verrà il giudizio di Dio”. Oggi tutta la Conferenza episcopale siciliana rinnova quell’appello in una lunga e approfondita lettera, che prende in esame diversi aspetti della mafia, anche in rapporto alla fede e alla pietà popolare. “Peccato è l’omertà di chi col proprio silenzio finisce per coprirne i misfatti, così facendosene – consapevolmente o meno – complice – chiariscono i vescovi siciliani – . Peccato ancor più grave è la mentalità mafiosa, anche quando si esprime nei gesti quotidiani di prevaricazione e in una inestinguibile sete di vendetta. Peccato gravissimo è l’azione mafiosa, sia quando viene personalmente eseguita sia quando viene comandata e delegata a terzi”. Allo stesso modo le organizzazioni mafiose sono “strutture di peccato”, perché “con i loro intrighi e i loro traffici si rivoltano contro la volontà divina” e producono “la morte fisica, che le azioni mafiose causano dolorosamente tra gli esseri umani” e “la morte radicale, che rimarrà – nel momento supremo del giudizio di Dio – inconciliabile con la vita eterna”. La mafia, precisano i vescovi, “si configura non solo come un gravissimo reato, ma anche come un disastroso deficit culturale e, di conseguenza, come un clamoroso tradimento della storia siciliana. Più precisamente, come un’anemia spirituale. E, per questo motivo, anche come un’incrinatura fatale nella virtù religiosa, che finisce così per risultare depotenziata e travisata”.
(ANSA).
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09 Maggio 2018, 15:49