10 Dicembre 2016, 05:39
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PALERMO – “Il caso va archiviato”. “Neanche per idea”. Può essere riassunto così il botta e risposta fra accusa e difesa. L’ultima parola spetta al giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, Claudio Marcopido, che dovrà decidere se mandare sotto processo o meno l’allenatore del Napoli, Maurizio Sarri. La querela per diffamazione è firmata da Alberto Alessi, esponente della Democrazia Cristiana Nuova, nonché figlio di Giuseppe Alessi, primo presidente della Regione Siciliana e tra i fondatori della Dc e del suo simbolo.
Tutto partì dalla polemica con l’ex allenatore dell’inter Roberto Mancini, al quale Sarri rivolse degli insulti omofobi al termine di una partita di Coppa Italia dell’anno scorso..”Ho detto la prima offesa che mi è venuta in mente, gli avrei potuto dire sei un democristiano”, disse in conferenza stampa il mister dei partenopei. Da qui la querela di Alessi che si ritenne diffamato
Il pubblico ministero Stefania Di Dona ha chiesto l’archiviazione perché l’espressione di Sarri sarebbe “allusiva ma non offensiva, non può essere intesa con la volontà di paragonare con atteggiamento denigratorio l’orientamento sessuale con l’appartenenza alla Democrazia Cristiana”. E poi, non basta offendere un ente, in questo caso la Dc, per ipotizzare il reato di diffamazione nei confronti del singolo individuo, Alberto Alessi.
Non sono d’accordo i legali di Alessi, gli avvocati Anthony De Lisi e Angela Ajello, secondo cui, “ogni singolo partecipe alla categoria evocata può ragionevolmente ritenersi destinatario delle frasi ritenute lesive della propria reputazione”. E all’opposizione all’archiviazione hanno allegato alcune sentenze della Cassazione. La parola adesso passa al giudice.
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10 Dicembre 2016, 05:39