11 Luglio 2010, 01:15
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Faceva caldo, quella mattina dell’ultimo di luglio al cimitero di Santa Maria di Gesù. Un evento epocale, tragicamente unico, faceva rivivere i versi di Ugo Foscolo e i sepolcri palermitani rimbombavano di uno strano ed inusitato connubio tra un condannato a morte americano e la terra nostra.
“All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro?”
Questa domanda riecheggiava, inconsciamente, tra i cittadini della borgata che, incuriositi, si avvicinavano per assistere all’evento di cui stavano parlando giornali e televisioni. Non era la morte meno dura, quel giorno, ma si sentiva pulsare la vita di chi crede che la condanna a morte sia un abuso, indipendentemente se la vittima sia colpevole o innocente. Quel giorno Joe O’Dell riceveva la sepoltura in quella che era diventata la sua città, quella strana città che era talmente abituata a piangere i suoi morti da riuscire a mostrare pietà anche per quelli che non erano figli suoi.
Palermo aveva imparato ad amare le vittime delle ingiustizie e, senza sapere se Joe O’Dell fosse candido o reo, voleva rendere omaggio ad un simbolo caduto di una grande nefandezza: la pena di morte. Una città diventata tristemente teatro della morte violenta aveva deciso di avviare una campagna contro la pena di morte, una lotta contro chi confonde la giustizia con la vendetta, contro chi pensa che basti armare la mano dello Stato per disarmare quella del criminale. Una battaglia che era arrivata fino al punto di donare le onorificenze funebri a un condannato a morte, la sepoltura che, fin dai tempi di Antigone, nessuna istituzione può più negare agli umani.
“Dal dí che nozze e tribunali ed are
diero alle umane belve esser pietose
di se stesse e d’altrui, toglieano i vivi
all’etere maligno ed alle fere
i miserandi avanzi che Natura
con veci eterne a sensi altri destina.”
Faceva tutto ciò la nostra Palermo, toglieva la puzza nauseabonda dell’indifferenza e mostrava la pietà di chi sa accogliere le umane belve. Ma soprattutto era riuscita a spostare i termini del dibattito: non si discuteva, nelle viscere della città, se l’americano fosse un criminale o una persona onesta… non aveva più importanza, perché Palermo aveva indicato la luna e gli sciocchi non guardavano più il dito. La cosa importante era un’altra: non si può uccidere in nome della ragione di Stato. E questo era diventato chiaro per tutti.
Così, quel giorno, Palermo diede sepoltura ad un condannato a morte statunitense seppellendolo tra le tombe del cimitero monumentale di Santa Maria di Gesù , tra gli sguardi attoniti dei palermitani che, nello stesso camposanto, avevano visto seppellire diversi mafiosi, tra cui il boss Stefano Bontade, e tante vittime delle stragi. Gli uni accanto agli altri, proprio come raccontava Foscolo: il sacro corpo di Parini accanto a quello di un assassino o di un ladro; il corpo di Joe O’Dell accanto a quello di un palermitano che non avrebbe mai creduto di finire accanto ad un americano, altrimenti avrebbe provato ad imparare l’inglese nella vita terrena.
“Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve
tutte cose l’obblío nella sua notte”
In quel giorno di fine luglio Palermo smentiva perfino il grande cantore dei Sepolcri perché quella tomba riusciva a cancellare anche la certezza consolidata di chi pensava che con la morte si distrugge anche l’ultima speranza. Quella sepoltura avvolgeva il nulla nell’oblio, ridava senso alla memoria, all’amore per la vita e alla giustizia. Quella sepoltura sembrava restituire sensibilità a chi aveva pensato che con la morte violenta, quella che attraversava beffarda i vicoli della città, si potesse convivere. C’era un sindaco che, giustamente, uno scrittore palermitano aveva inserito nel “repertorio dei pazzi della città di Palermo”, il quale aveva sfidato il senso comune di massa e aveva capito che in quella sepoltura anomala poteva rivivere la speranza dei palermitani onesti, dei palermitani che vogliono combattere le ingiustizie anche quando tutto sembra perduto.
Rimbomba l’eco della propaganda forcaiola e, come uno spettro lontano che rivive energicamente nell’attualità, si materializza per farci scoprire che nessuno più oggi renderebbe omaggio a Joe O’Dell. Non solo perché il sindaco attuale non merita di essere inserito nel repertorio dei pazzi, ma perché questa città ha smesso di esser pietosa, di vivere l’accoglienza come un valore, perché Palermo ha paura di condividere il futuro coi palermitani figurarsi con gli stranieri, Palermo ha il terrore di convivere con i vivi figurarsi con i morti, magari pure assassini.
Perché la città è meno accogliente, più puzzolente e respingente, ed evidentemente ha imparato a convivere con le ingiustizie.
(Nella foto la vedova O’ Dell, Lori Urs)
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11 Luglio 2010, 01:15