11 Gennaio 2016, 19:57
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Guarda caso, è per lavoro che ci siamo conosciuti. Presentati da un comune amico più di tre lustri addietro, abbiamo subito condiviso comuni interessi. Il primo tra tutti, la gioia di vivere. Coetanei, abbiamo vissuto nello stesso tempo, parallelamente, due Palermo differenti. Tu a scorrazzare con la Cagiva per seguire le partite di calcio di serie minori, inviato del Giornale di Sicilia, io tra i libri, affascinato dall’economia e dalle variabili che ne spiegano i differenti modelli. Ne son venuti fuori il giornalista con lo spirito e l’indole dell’Imprenditore, e il commercialista/ aziendalista che aiutava a tradurre, decodificandoli, in realtà i tuoi ambizioni sogni. Affrontavamo i numerosi problemi e le questioni importanti con modi semplici, con interventi agili ed efficaci. Ma le nostre frequenti, intense, conversazioni si riempivano di molti altri contenuti. Ripercorrevamo i tratti delle nostre vite, e tornava la Palermo vissuta parallelamente. Non smettevamo di prenderci in giro, discutendo con quella leggerezza che ci consentiva di poter mantenere un costante distacco da tutto ciò che per noi fosse griffato di stupidità e comunque privo di valore. Condividevamo il reale senso della vita, ossia la dedizione verso gli altri. Per te il valore più importante nel lavoro e nella vita è sempre stato quello di “costruire una squadra”. L’hai sempre voluta e l’hai sempre realizzata, con persone pronte a seguirti, determinate e consapevoli dei tuoi buoni intenti. A loro hai sempre tenuto e le hai costantemente difese e tutelate. Anche in questo hai sempre dimostrato di essere uno con una marcia in più. Di squadra ne hai costruita una anche negli ultimi giorni della tua preziosa e breve esistenza terrena. Attorno, e a difesa, dei valori più importanti che hai comunicato alle persone a te più care, nel testamento che hai lasciato a ciascuno di noi. Non c’è in questo mondo bene materiale più prezioso del dono che tu mi abbia potuto lasciare. Mi sono tuffato nelle sofferenze tue e di Donata, vivendo quanto più intensamente potessi quegli ultimi giorni in cui il tuo corpo straziato da un ignobile male non riusciva più a reagire alla tua sempre enorme volontà. Ti ringrazio, Francesco mio, per avermi fatto vivere quel momento di Eternità che adesso, meritoriamente, Ti contiene. E quando avrete raggiunto la vetta del monte, allora incomincerete a salire. E quando la terra esigerà il vostro corpo, allora danzerete realmente. (Kahlil Gibran)
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11 Gennaio 2016, 19:57