10 Gennaio 2015, 21:33
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La vita di Francesco era tutta nei suoi occhi. I suoi occhi erano la sua scrittura. Erano il coraggio, la passione e la forza di Francesco Foresta.
Aveva un posto al sicuro con i galloni di vicecaporedattore nel quotidiano storico di Palermo. Non gli bastò. Da quella roccaforte uscì con un sorriso corsaro per rivoluzionare i sette mari dell’informazione siciliana. E venne il mensile ‘I Love Sicilia’, nato per raccontare la bellezza della nostra terra, le pagliuzze d’oro nascoste sotto il fango. E venne il mensile ‘S’, con la sua caparbia voglia di essere cronaca per stanarlo quel fango che soffoca le pagliuzze d’oro. E venne infine LiveSicilia, il quotidiano online, il punto di riferimento dei siciliani. Non si può vivere un’avventura di simili proporzioni se non si ha coraggio.
Gli occhi di Francesco ci hanno fatto compagnia. Abbiamo imparato a conoscerli presto, nei loro annuvolamenti, nel sole che irradiavano se era felice. Quando era contento, lo eravamo anche noi che abbiamo avuto la fortuna di accompagnarlo. Sorridevamo del suo stesso sorriso. Pure nelle nuvole, che sempre adornano il viaggio di una comunità di uomini, c’era una indistruttibile sintonia. Si litigava, se necessario (ed è sempre necessario nel luogo in cui circolano le idee, specialmente se il direttore di un giornale ha la capacità rara di ascoltare il prossimo) senza divisioni taglienti. Anzi, perfino litigare e alzare la voce, per sentirla restituita con un tono raddoppiato ma mai sguaiato, era un modo per dirgli: Francesco ti vogliamo bene, ovunque andrai, verremo con te.
Era un condottiero indiscusso. Sbaglia chi pensa che la figura al timone debba perseguire la ferocia per affliggere meglio i suoi subordinati. Francesco praticava, certo, l’arte di fantastici cazziatoni – senza mai diventare spietato – ma non è stata questa la ragione per cui l’abbiamo seguito e amato. Possedeva, invece, il carisma unico che hanno i leader nel legare a sé gli altri, nell’aprire una strada, nel comunicare fede, nel farsi percepire come necessari e vicini, con la superiorità naturale dei comandanti. Pur essendo visceralmente attaccato allo scoglio di questa difficile Sicilia, il direttore Foresta era un siciliano “di alto mare”. Non si perdeva in complimenti di maniera. Non prometteva la prossimità dello scambio, la confidenza che precede il favore. Navigava nelle acque della sua meravigliosa solitudine di palermitano libero.
Eppure, sapeva volare accanto a chiunque. Si avvicinava di nascosto, per dare affetto, sempre con la paura di renderlo riconoscibile, manifesto. Poi, sorrideva, come per scusarsi del suo cuore. Con quei denti bianchissimi, con quella ironia stampata sulla piega della bocca, con la fragranza dei suoi sguardi più familiari. La sua spinosa dolcezza era di cartapesta. Il suo cipiglio era un attrezzo di scena, un trucco del divertimento. Piccoli peccati che gli si perdonavano, perché friabili, cose tenerissime. Ma lui riteneva di dover scontare un peccato per cui non avrebbe potuto né confessarsi, né perdonarsi: era un buono e si notava; si vedeva a occhio nudo, nonostante i tentativi maldestri che metteva insieme per nascondere l’ampiezza della sua generosità.
Aveva gli occhi luminosi di un bambino, di uno che era riuscito a rimanere bambino. Ha fatto ridere il dolore, nell’ora della lotta contro la malattia. E’ stato disincantato, forte, sorridente davanti alla porta che ci spaventa a morte. E’ stato prodigo di amore e di consigli per l’amatissima Donata, per suo figlio, Francesco jr., per i suoi parenti, per i suoi amici, per i suoi compagni di viaggio. Lucido fino all’ultimo nell’indicare il passaggio di consegne di LiveSicilia. Talmente coraggioso da descrivere l’avvicendamento con un editoriale in cui si condensa il talento di un immenso cronista, in grado di onorare il compito, con la precisione dei dettagli, la vocazione delle parola, con la levità.
Francesco è stato fedele alla sua grandezza fino alla fine. Ha saputo raccontarsi e raccontare, nello spazio conclusivo della pagina. E non avrebbe voluto un coccodrillo di commemorazione, lo avrebbe detestato. Infatti, questo non è un necrologio. Non è nemmeno un ricordo. Non è neanche una lapide in memoria. E’ soltanto un altro modo per volersi bene.
Tutti noi di LiveSicilia
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10 Gennaio 2015, 21:33