23 Luglio 2013, 17:17
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PALERMO – Una confidenza protetta dal segreto confessionale oppure c’è di più? Ad aprire una nuova pista investigativa è il verbale dal diciassette reo confesso dell’omicidio di Massimo Pandolfo. Dai tabulati telefonici del minorenne sono emersi contatti con il prete.
La prima conversazione tra i due avviene la mattina del delitto, alle 11: “L’ho contattato se mi imprestava dei soldi che dovevo fare la spesa – racconta il ragazzo -. lo avevo contattato e lui mi aveva detto ‘no soldi non ne ho, ci vediamo domani’”. Si erano conosciuti “alla stazione che c’era la cappella là dentro la stazione dove c’è la biglietteria, non c’è la cappella qua? lui faceva la messa qua e l’avevo conosciuto là… con me no con me non ha fatto mai niente, non me ne ha parlato mai di queste cose lui a me proprio”. Ventotto minuti dopo la mezzanotte, però, i due si risentono quando, dice il giovane, “Pandolfo ancora non aveva arrivato”.
E qui ci sono i primi dubbi dei magistrati, la cui domanda è secca: “Lei parla per oltre 6 minuti a mezzanotte e mezza con un prete e di cosa? “Siccome mi servono dei soldi che domani devo fare la spesa…”. Un orario un po’ strano per parlare di queste cose, notano i pm. Il giorno dopo il delitto il ragazzo e padre Nuvola si incontrano: “Lui mi aveva detto ‘che cosa è successo? Perché ti vedo un poco nervoso’… ho preso e lui era un ‘padre’ e dice ‘vabbè ti puoi confessare’ e mi avevo confessato con lui…”. Il tutto sarebbe accaduto “che eramo vicino il Corso dei Mille, vicino la stazione… e gli ho detto il fatto che era successo… non gli ho detto con chi ero”.
Da questo interrogatorio muovono le indagini dei carabinieri. A cominciare dalle cellule telefoniche agganciate quella sera che potrebbero consentire di fare una mappatura degli spostamenti dei protagonisti: il diciassettenne che si è accusato del delitto, i tre uomini finiti sotto inchiesta (Fabio Oliveri, Fabio Mazzola e Sergio Paternò , che respingono le accuse) e, da oggi, anche padre Aldo Nuvola. Nel frattempo l’avvocato della famiglia Pandolfo, Ivano Natoli, si affida alla Procura “per fare chiarezza su ogni aspetto di una vicenda i cui contorni diventato ogni giorno sempre più foschi”.
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23 Luglio 2013, 17:17