Cronaca

Quelle fucilate in pieno giorno|L’omicidio del segretario Dc

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09 Luglio 2020, 19:10

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CATANIA – Sono serviti 28 anni per avere i nomi e cognomi di chi avrebbe ordinato ed eseguito l’omicidio di Paolo Arena, segretario della Democrazia Cristiana di Misterbianco ed esponente tra gli anni 80 e 90 della corrente di Andreotti. Alla sbarra sono finiti Gaetano Nicotra e Antonino Rivilli, indicati dalla magistratura etnea rispettivamente mandante e killer del politico misterbianchese.

L’omicidio del segretario Dc

Il processo, che si celebra davanti alla Corte d’Assise di Catania, entrerà nel vivo a settembre quando sarà esaminato il primo teste dell’accusa, rappresentata dal pm Marco Bisogni. Si tratta forse del testimone chiave: il collaboratore di giustizia Luciano Cavallaro, infatti, non solo ha puntato l’indice contro i due imputati è anche reo confesso. Avrebbe fatto parte, infatti, del gruppo di fuoco. Al sostituto procuratore della Dda ha raccontato – minuto per minuto – il film dell’orrore di quella mattina del 28 settembre 1991. Paolo Arena, in pensione da poco, all’età di 54 anni è stato ucciso a fucilate a pochi metri dal Municipio di Misterbianco, mentre nella chiesa vicina si stava celebrando un matrimonio. I killer sono arrivati mentre il segretario stava parcheggiando la sua Lancia Thema: il politico appena si è accorto di quello che stava accadendo ha tentato la fuga. Che però si è rivelata inutile.

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L’udienza e il teste chiave

Nell’udienza che si è celebrata questa mattina sono state affrontate le questioni preliminari e la Corte d’Assise ha ammesso le fonti di prova presentate dalle parti: quindi il pm Marco Bisogni, gli avvocati di Nicotra, Vittorio Basile e Salvatore Vitale e il difensore di Rivilli, Francesco Antille. Tra queste la lista dei testi dell’accusa (collaboratori, ufficiali di pg, investigatori e testimoni dell’epoca) che saranno esaminati nel corso del dibattimento che si preannuncia lungo ma particolarmente interessante dal punto di vista storico criminale. L’omicidio di Arena infatti sarebbe stato scatenato – secondo le indagini confluite nell’inchiesta Gisella condotta dai carabinieri – dal ‘sospetto’ che Paolo Arena ad un certo punto avrebbe ‘tradito’ il clan Nicotra (detti i Tuppi) passando informazioni sugli appalti al gruppo criminale (e rivale) di Giuseppe Pulvirenti (u malpassotu, boss poi pentito ormai deceduto). Tra le due cosche era in corso – tra la fine degli anni 80 e l’inizio dei ’90 – una faida cruenta che portò prima all’omicidio di Mario Nicotra (patriarca della famiglia mafiosa e fratello dell’imputato Gaetano) e poi alla ‘fuga’ in Toscana dei Tuppi al fine di evitare di essere sterminati per mano del ‘Malpassotu. Tra le file del clan Pulvirenti, c’era Orazio Pino, l’ex pentito ammazzato l’anno scorso a Chiavari in Liguria (non per vicende di mafia però). Tra gli atti ammessi come fonti di prova, anche alcuni verbali dell’ex collaboratore ucciso. 

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09 Luglio 2020, 19:10

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