05 Gennaio 2023, 08:52
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Nei giorni scorsi i procuratori aggiunti Puleio e Fonzo hanno affrontato alcune questioni che riguardano il tema della giustizia. In particolare con riferimento alla c.d. riforma Cartabia, da pochi giorni entrata in vigore.
Concordo con le argomentazioni da essi espresse, che faccio mie. Ma, da cittadino, intendo fare un passo avanti, non essendo vincolato ad alcuna prudenza a motivo di un ruolo istituzionale che non ricopro.
L’esperienza costituzionale di derivazione francese si fonda sul principio della tripartizione dei poteri. Questo sul piano formale. Tuttavia il potere politico ha sempre manifestato una insofferenza, più o meno palese, nei confronti di una effettiva autonomia e indipendenza della magistratura. In effetti, per tutto il periodo dell’esperienza liberale in Italia l’ordine giudiziario è stato uno strumento docile nelle mani del potere politico.
La magistratura, nei fatti, non è mai stata considerata un potere autonomo dello Stato, bensì un’appendice dell’esecutivo, anche se le si riconosceva il diritto a godere di precise garanzie formali, quali l’indipendenza e l’inamovibilità. Ma queste stesse garanzie non furono mai realmente rispettate dalle varie leggi sull’ordinamento giudiziario, il cui meccanismo era tale da subordinare totalmente la vita della magistratura alle direttive e al controllo del potere esecutivo.
In verità ciò non suscitò particolari proteste, sia per ragioni culturali e di appartenenza di classe, sia in quanto molti giudici erano inclini alla conservazione dell’assetto sociale esistente. Tale condizione cominciò ad evolvere con la nuova Carta costituzionale e con i mutamenti politici e sociali della Repubblica nata sulle ceneri del fascismo. Nuovi assetti sociali, nuova formazione e consapevolezza dei magistrati circa il proprio ruolo e i rapporti con gli altri poteri dello Stato. Ma la tentazione del potere politico è rimasta sempre quella. Anzi, si è determinato un complesso sistema di potere che non tollera il controllo di legalità.
Un sistema frutto di una trasversale sinergia tra alcuni settori della politica, dell’economia, della pubblica amministrazione, della mafia, della massoneria deviata.
Sono essi che intendono governare il nostro Paese, utilizzando le risorse collettive per interessi di parte. Occorre pertanto una magistratura docile e, se non lo è per scelta propria, va addomesticata.
Una magistratura che non indaghi sui comportamenti illeciti di chi appartiene al “sistema”, e se proprio insiste le vanno tolti gli strumenti efficaci per farlo. Questo è l’atteggiamento della classe politica italiana, almeno da alcuni decenni a questa parte. Questo è il senso di alcune riforme legislative già approvate, e di altre in cantiere che ricordano il Piano di Rinascita Democratica della P2 di Licio Gelli .
Lo scopo è uno solo: non disturbare il manovratore. I furbi e i disonesti esultano, mistificando il vero significato di alcune riforme come maggiore garanzia per i cittadini, che si otterrebbe bloccando lo strapotere dei magistrati.
Ma ai cittadini onesti va spiegato che certe presunte riforme mettono a rischio alcuni principi costituzionali e, in definitiva, la democrazia di questo Paese.
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05 Gennaio 2023, 08:52