24 Ottobre 2010, 23:59
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L’ultimo spreco dell’Ars è in realtà una non-decisione. Una non-decisione risalente a tre anni fa, ma che se l’Ars dovesse essere sciolta potrebbe costare cara ai siciliani: la norma che prevede il diritto al vitalizio per i deputati che hanno completato due anni, 6 mesi e un giorno di mandato parlamentare, infatti, è ormai soltanto una specificità isolana, visto che nel 2007 la Camera e il Senato hanno modificato il proprio regolamento allungando i termini a cinque anni di mandato. E l’Ars, che in genere si allinea con le regole di Palazzo Madama, si è guardata bene dal recepire questa decisione: “Fino ad ora – spiegano da Palazzo dei Normanni – si è deciso di non decidere. In questo modo il provvedimento non è mai diventato operativo in Sicilia”.
Il mancato recepimento, fra l’altro, ha anche una sfumatura politica. Se la legislatura finisse oggi, infatti, i deputati alla prima legislatura non otterrebbero il vitalizio, che scatta al raggiungimento del sessantesimo anno d’età. Ma i due anni, sei mesi e un giorno sono dietro l’angolo: l’Ars, infatti, si è insediata il 22 maggio di due anni fa, e quindi il diritto alla pensione, con le regole attuali, scatterebbe per tutti a partire dal 23 novembre. Da quel momento, se una maggioranza – al momento solo eventuale, visti i numeri del governo Lombardo quater – decidesse di tornare alle urne, i deputati salverebbero il diritto alla pensione, che invece i parlamentari eletti solo nella scorsa legislatura hanno visto sfumare. Ma non è detto che le regole resteranno queste: “Essendo parametrati al Senato – taglia corto il presidente dell’Ars, Francesco Cascio – ci adegueremo anche a questa norma”.
Il diritto alla pensione, in questo modo, scatterebbe il 23 novembre 2012. Alla lettera, infatti, il regolamento del Senato dice che sono necessari cinque anni, ma la prassi è differente. “In realtà – chiariscono dall’ufficio stampa di Palazzo Madama – il quinto anno si dà per acquisito al completamento di 4 anni, sei mesi e un giorno di mandato. I senatori possono riscattare i restanti sei mesi versando l’importo dei contributi”. La norma fu introdotta durante il mandato di Fausto Bertinotti e Franco Marini alla presidenza delle due Camere, e fu introdotta con una delibera simultanea dei consigli di presidenza delle due assemblee parlamentari nell’estate del 2007. L’assegno che spetta agli ex parlamentari ammonta in media a circa 5 mila euro netti al mese.
Intanto slitta lo stop ai vitalizi per gli ex deputati eletti in altri Parlamenti. La decisione dell’Ars di non versare più la seconda indennità ai politici che dopo una o più esperienze a Palazzo dei Normanni sono approdati alla Camera o al Senato, anticipata da Livesicilia.it cinque mesi fa, entrerà in vigore solo dall’1 gennaio 2011: “Il rinvio – assicurano però dall’Assemblea regionale – è dovuto a questioni meramente tecniche: fare coincidere l’innovazione con l’inizio di un anno permette di evitare complicazioni contabili”. Ma c’è anche un ostacolo giuridico: contro la decisione – che riguarda Sebastiano Burgaretta Aparo (Mpa), Angelo Capodicasa e Mirello Crisafulli (Pd), Nicola Cristaldi, Pino Firrarello, Salvo Fleres, Ugo Grimaldi, Dore Misuraca, Alessandro Pagano e Raffaele Stancanelli (Pdl), Totò Cuffaro e Lillo Mannino (Pid), Fabio Granata (Fli) e Leoluca Orlando (Idv) – è arrivato il ricorso di Fleres, secondo il quale i diritti acquisiti non possono essere toccati. Sulla questione si pronuncerà nei prossimi giorni l’ufficio legale dell’Ars, al quale è stata chiesta una consulenza. Sul vitalizio dopo due anni e mezzo, invece, non ci sono ancora diritti acquisiti. Ma solo se l’Ars deciderà entro un mese.
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