18 Gennaio 2019, 06:30
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PALERMO – I collegati alla Finanziaria regionale non piacciono al mondo produttivo siciliano. Al centro della bufera, in particolare, due argomenti compresi nell’imponente ‘Finanziaria-bis’ composta da quattro ddl: da un lato il riordino dei canoni concessori minerari, dall’altro la fusione di Ircac e Crias in un unico ente.
Uno dei quattro collegati come detto tratta il tema dei canoni, dei permessi e delle autorizzazioni relativi alle cave, all’acqua minerale e alla produzione di energia elettrica rinnovabile. Per realizzare nuovi impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile e di produzione di biogas, sarà necessario versare una quota fissa e una variabile, proporzionata al costo dell’impianto e non superiore allo 0,3 per cento; particolarmente significativa l’introduzione della parte fissa, “al fine di evitare entità di contributo insignificanti – recita la relazione del governo sul ddl – come spesse volte avvenuto in passato per piccoli impianti”. Il ddl inoltre introduce contributi finora assenti: quelli di rilascio dei permessi minerari, anch’essi costituiti da una parte fissa e una variabile in rapporto al costo totale dell’opera.
E nel calderone dei ritocchi sono finiti anche i canoni sulla produzione di acqua minerale naturale. Attualmente la media pagata dai produttori è pari a meno di un millesimo di euro al litro, mentre l’obbiettivo del collegato è di “operare un incremento, in linea sostanzialmente con le altre regioni italiane”: un centesimo al litro per l’acqua imbottigliata, e 0,50 centesimi al litro per l’acqua estratta e non imbottigliata. Nella relazione si sottolinea come “Legambiente in un suo noto rapporto aveva consigliato l’applicazione di un canone doppio rispetto a quello previsto dal presente ddl”, e si aggiunge che i produttori sarebbero comunque favoriti due motivi principali: la sicurezza data dalla lunga durata dei regimi concessori, pari a trent’anni, e il fatto che l’incremento non intaccherebbe il principio di libera concorrenza, poiché “i concessionari siciliani di acqua minerale coprono il mercato locale e non sopportano quindi in maniera significativa i costi di trasporto”.
Confindustria: “Mani in tasca alle imprese: faremo le barricate”
Di tutt’altro avviso sono gli industriali interessati dalle nuove norme. “Il governo regionale vuole mettere le mani nelle tasche delle imprese per finanziare stabilizzazioni e assunzioni”, afferma infatti il vicepresidente vicario della Confindustria siciliana Alessandro Albanese, che si dice “pronto a fare le barricate contro questa norma che colpisce diversi settori, da quello delle acque minerali a quello delle cave”. Secondo Albanese, l’introduzione dei nuovi canoni “porterà alla chiusura di molte aziende siciliane. Quelle che resisteranno, saranno di fatto messe fuori mercato”. Per gli industriali siciliani, tra l’altro, la norma sui canoni “finirà – spiega Albanese – per ricadere anche sui meno abbienti: quasi tutti ormai, ad esempio, bevono l’acqua imbottigliata. Noi prevediamo una crescita del 40 per cento del prezzo, visto che i canoni verranno aumentati di dieci volte. Insomma, o i siciliani pagheranno di più, o non berranno più acqua siciliana. Comunque la si guardi, un danno per l’Isola”. Secondo Albanese, insomma, la norma “è ingiusta, perché queste aziende pagano già le tasse. In pratica, subiscono una tassa sulla tassa. Ma il punto – prosegue – è anche un altro: a cosa serviranno questi soldi? Non certo per lo sviluppo, visto che nella manovra finanziaria non c’è una norma che vada in questa direzione. Alla fine – conclude – l’unico risultato che si otterrà sarà la chiusura di molte imprese siciliane”.
Ircac e Crias: accorpamento o fusione?
Altro tema ‘bollente’ è la fusione di Ircac, l’Istituto regionale per il credito alla cooperazione, e Crias, la Cassa regionale per il credito alle imprese artigiane. Regolamentata da un altro dei quattro collegati presentati il 14 gennaio scorso alla commissione Bilancio, la fusione ha suscitato preoccupazione e perplessità sia nel settore delle cooperative che in quello dell’artigianato. “Siamo basiti per ciò che sta accadendo in queste ore intorno alla Cassa regionale per il credito alle imprese artigiane”, dice il responsabile regionale per la Crias di Ugl credito, Massimo Saeli, sostenendo che la fusione con l’Ircac sia stata stravolta e trasformata in un’incorporazione. Il sindacato si è acceso dopo le parole dell’assessore alle Attività produttive Girolamo Turano che, a detta di Ugl credito, “ha disconosciuto la marcia indietro della Giunta regionale con la votazione di un testo diverso da quello già ampiamente discusso nelle scorse settimane nelle competenti commissioni dell’Assemblea regionale, alla presenza sia dello stesso Turano che del collega con delega all’Economia Gaetano Armao”.
Quindi la dura critica all’operato della giunta: “A questo punto – sostiene Saeli – crediamo che vi sia uno tra due problemi di fondo: o una mano non sa cosa fa l’altra, oppure dietro c’è un gioco che non conosciamo. O, peggio ancora, c’è una tale confusione ed approssimazione che, di conseguenza, non può che tramutarsi in risultati del genere”. Saeli ravvisa “palese disomogeneità tra i due enti creditizi da accorpare”, avanzando dubbi sulle prospettive future del nuovo ente e dei suoi dipendenti. “Per questo – conclude il sindacato – auspichiamo un chiarimento urgente da parte del Governo Musumeci, perché in ballo c’è l’intero sistema di sostegno alle imprese ed alle cooperative che rappresentano una fetta importante del tessuto economico della nostra isola”.
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18 Gennaio 2019, 06:30