02 Agosto 2014, 06:02
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CATANIIA – Incastrato da un appalto non conveniente, inefficace e oneroso per le casse. E che, oltre tutto, mantiene basso il livello di preparazione dei cittadini, impedendo l’avvio di percorsi virtuosi per fare de rifiuti un’opportunità anche a livello economico e occupazionale. Il Comune di Catania, maglia nera per la produzione pro capite di rifiuti e per la raccolta differenziata, ferma a percentuali ridicole, deve cambiare rotta se non vuole perdere importanti occasioni. È un fiume in piena Danilo Pulvirenti, presidente regionale dell’associazione Rifiuti zero, nell’illustrare le opportunità mancate dalla città di Catania e nel tracciare la strada che, secondo l’associazione, potrebbe portare a evidenti cambiamenti, anche dal punto di vista culturale.
Un appalto che crea più problemi che opportunità, quello sottoscritto dal Comune di Catania. Qual è la ricetta di Rifiuti zero per Catania?
Intanto, chiediamo la partecipazione sia nella pianificazione del nuovo appalto, in modo che sia condiviso, sia in tutti gli aspetti relativi alla comunicazione. Vorremmo fare noi da ponte tra l’amministrazione e il cittadino, così come stiamo facendo anche da altre parti e con molto successo. Chiediamo al sindaco di utilizzarci, e non vederci come opposizione. A noi non interessa la polemica, ma suggerire buone pratiche. Non vogliamo scavalcare l’amministrazione, ma ci mettiamo a disposizione, perché non si deve fare l’errore commesso in passato.
Come vi siete mossi come osservatorio, nei confronti dell’appalto sotto accusa?
Come osservatorio, abbiamo chiesto e continuato a chiedere i dati anno per anno. Da quattro anni raccogliamo quelli che il Comune ci ha fornito sempre in maniera tempestiva e che certificano che il cassonetto, a Catania come a Milano, è fallimentare.
E i dati in vostro possesso che città fotografano?
Una città che produce tanti rifiuti, più della media italiana e siciliana, che è 550 chili abitante anno. Quello che abbiamo visto e riscontrato dai dati Ispra che ci ha fornito il Comune, però, è che dal 2012 al 2013, il trend è in diminuzione, e la produzione abitanti/ anno è diminuita nel corso di questi ultimi anni. Eppure la bolletta aumenta. Questo è un passaggio fondamentale che deve capire il cittadino catanese che ha sempre pagato troppo rispetto a quello che ha ottenuto. Tanto più è efficiente il servizio di raccolta rifiuti, tanto meno costa. Tanto meno è efficiente, tanto più è il costo per il cittadino.
E gli operatori ecologici?
Come numero sono sovradimensionati in città. Sono 800, troppi quando basterebbero 500. Rappresentano un grosso peso per l’amministrazione, dunque, per i cittadini. Detto questo, il problema rimane il cassonetto. Gli operatori raccolgono quello che trovano all’interno e, se dentro un cassonetto ad esempio per la raccolta della plastica, viene conferito un rifiuto diverso, si rovina tutta la raccolta nel momento in cui i contenitori vengono svuotati in un unico camion che, una volta giunto alla piattaforma Conai, scarica la differenziata sporca che viene rifiutata dagli addetti. Per cui ricarica nuovamente e manda tutto in discarica.
Possiamo dire che anche l’assenza di controlli e di corretta informazione dunque danneggia la raccolta?
La questione dei controlli è un altro tassello fondamentale. Non controlla nessuno, soprattutto nella zona gestita dal Comune che è di una sporcizia impressionante. La zona gestita dalle ditte è apparentemente più pulita, ma tutto questo non giustifica un costo del servizio di 71 milioni di euro. Con questo importo, noi dovremmo avere una città pulitissima. Insomma, a fronte di un costo impressionante, la città non ottiene i servizi, mentre con lo stesso importo potremmo avviare una raccolta porta a porta spinta in tutta la città. Si può fare. Ci vogliono persone competenti, progettazione e programmazione. E bisogna partire subito. Anzi, siamo già in ritardo.
E invece sembra mancare proprio la pianificazione? Cosa rischia la città?
Sicuramente non succederà quello che è accaduto cinque anni fa, perché noi siamo molto più attenti e preparati, e così i cittadini. Ma sono quest’ultimi a doversi svegliare per non essere collusi con questo sistema. Fino a poco tempo fa determinate cose non si sapevano. Noi le denunciavamo, ma non avevamo riscontro. Ma è bene che si sappia che, nel momento in cui noi lasciamo la spazzatura sulla strada o all’interno del cassonetto, stiamo finanziando un sistema.
A proposito di porta a porta, recentemente l’assessore D’agata ha annunciato che, da ottobre, ripartirà la raccolta sperimentale in una parte di città. Cosa ne pensa Rifiuti zero?
Non crediamo ci sia alcun bisogno di continuare a sperimentare. Ma di pianificare. Quel genere di porta a porta, per quanto sofisticato, riguarderà solo una zona della città, mentre gli altri cittadini continueranno con il vecchi sistema, non avendo la possibilità di scommettersi. Se questo progetto, che non si sa quanto dura e che dovrebbe essere quello finanziato dal Conai e annunciato dall’ex sindaco Stancanelli, è a tempo determinato, rischia di essere controproducente, perché il cittadino ha voglia di sapere, di condividere, di essere informato, ma perde fiducia davanti a un dietro front. Come già accaduto. Le esperienze ce lo confermano: non c’è bisogno di sperimentare, ma di agire.
La nuova amministrazione aveva annunciato la volontà di rivedere l’appalto e di modificare il sistema di raccolta. Vi ha chiesto aiuto?
Abbiamo presentato il progetto, insieme a Manitese, sul centro di riuso, e abbiamo istaurato un dialogo con l’assessore D’Agata, però vorremmo essere coinvolti in maniera più efficace. Ci mettiamo a disposizione se ci sono progetti seri. Se no rischiamo che venga calato dall’alto un progetto non condiviso.
Tra le vostre battaglie c’è anche quella a favore del riuso. È un concetto che a Catania ha trovato cittadinanza?
Sì, grazie a Manitese che, in modo volontaristico, ormai da dieci anni gestisce un centro di riuso dove i cittadini conferiscono materiali che, dopo la lavorazione, acquistano nuova vita. Oggetti che possono essere riparati o rivenduti così come sono per essere recuperati. Una reale alternativa alla discarica. Ma, ripeto, è gestito a livello volontario, quando invece, questi centri dovrebbero essere istituzionalizzati. I centri di riuso e, dunque, il riutilizzo degli oggetti, è al secondo posto nella gerarchia prevista della normativa. Prima ancora del riciclo. E potrebbero trovare posto nei pressi dei centri di raccolta comunali. Qui vanno a finire i rifiuti ingombranti e i raee (Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) che, se intercettati prima dell’ingresso nel centro di raccolta, possono essere recuperati e riutilizzati.
A proposito di isole ecologiche. Qual è la situazione a Catania dove i centri operativi sono 3?
Sono fondamentali, anche se la comunicazione relativa alla loro esistenza, importanza e funzionamento è quasi inesistente. Sono luoghi importanti e andranno potenziati nel momento in cui partirà il porta a porta. Ci sono cose su cui si può e si deve lavorare da subito, e le isole ecologiche sono luoghi da potenziare.
Tante parole sui rifiuti, ma quello che manca sembra proprio la comunicazione, inserita nel bando di gara.
Noi abbiamo aperto una pagina Facebook “Catania verso Rifiuti zero”. Ci mettiamo a disposizione anche in questo caso.
Cosa chiedete per il nuovo appalto?
Che chi si candida a gestire il sistema rifiuti non potrà e non dovrà essere proprietario di discarica, come successo a Catania. E lo chiederemo per tutta la Sicilia. Non si può concentrare in così poche mani tutto il circuito. Se il sistema non cambia, continueremo a spendere un sacco di soldi, buttandoli in discarica e arricchendo i soliti noti. I rifiuti possono essere anche opportunità e una risorsa economica. I proprietari delle discariche lo sanno che ci guadagnano. Sono i cittadini a non saperlo.
Se le cose non cambiano cosa pensate di fare?
La normativa che ha istituito la Tari prevede in un articolo che, se l’amministrazione comunale non raggiunge i livelli di raccolta differenziata, il cittadino può pretendere di pagare il 20% del tributo e noi siamo pronti a utilizzare questo articolo. Con tutte le conseguenze che ci saranno. Il servizio costa 71 milioni di euro, di cui 18 milioni di euro per conferire in discarica. Quando ci dicono che soldi non ce ne sono noi rispondiamo: sono lì, nella spazzatura. Basterebbe riorganizzare il servizio.
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02 Agosto 2014, 06:02